Il cammino della devozione: Asana/Samyama (da una lezione di Geetaji)

Nel seminario del 23 giugno abbiamo affrontato la tappa più difficile: Il percorso della devozione: Dharana, Dhyana, Samadhi. Sono gli “anga” più elevati, tre fasi, per così dire, del percorso meditativo: in Dharana, la concentrazione è ancora intermittente, sebbene molto allenata e sorretta da fede profonda, in Dhyana, il flusso dell’attenzione scorre senza disturbi e senza pause; in Samadhi, il livello di attenzione è tale che la persona che medita si identifica completamente con l’oggetto della meditazione, il vero sé.

Guruji si è espresso molte volte su Dhyana e ha affermato che la pratica della meditazione vera e propria non si esegue in classe, ma ognuno la deve praticare individualmente. In classe si praticano Asana, Pranayama e  Dharana, alla ricerca di quel flusso ininterrotto che permette allo sforzo fisico di annullarsi nella pura concentrazione.

Geetaji ritorna spesso su questo argomento nelle sue lezioni, in particolare in una classe tenuta a Pune ha citato anche il Samyama, e quindi nel seminario questa è stata l’ispirazione per la sequenza.

Per prima cosa occorre imparare a praticare gli asana e capire che cosa significa praticare gli asana. Non dovete pensare che chi è flessibile può fare la posizione e chi non lo è non la farà mai. Questo significa avere paura del cambiamento; ma senza cambiamento non c’è evoluzione e soprattutto non c’è samyama.  Gli asana sono preliminari perché insegnano a cambiare, a modellare il proprio corpo, a renderlo silenzioso. Soprattutto insegnano un processo di apprendimento.   Il corpo e la mente sono tamasici per natura. Per superare questo, occorre tenere la mente vicino al corpo, non a vagare per conto suo.  Se il corpo non risponde, vuol dire che la mente non è vicino al corpo, oppure sente che sta avvenendo qualcosa di sconosciuto e prova paura. Nirodah per la mente è qualcosa di sconosciuto, per questo è tanto difficile.

samyama1Supta swastikasana. Incrociare le gambe in swastikasana, portare i piedi più vicino al bacino per compattare i femori, estendere le braccia per estendere i due lati del torace. Scapole in dentro, lombari giù. Mettere le mani come in urdhva dhanurasana, sollevare il torace come in paryankasana e appoggiare la cima della testa a terra. Se non è possibile, sollevare le ginocchia, mettere le mani sotto le cosce e puntando i gomiti, fare l’azione di paryankasana.

Badda konasana, spingere le piante dei piedi ed estendere la schiena a terra in supta badda konasana. spingere l’osso sacro a terra, rilassante gli inguini, estendere le braccia oltre la testa. Ora afferrare con le mani le caviglie (palmi verso l’alto) e spingere di più l’osso sacro all’interno, e gli inguini verso il basso.  ora portare le mani sotto le cosce, sollevare il torace come nella posizione precedente, mettere le mani in urdhva dhanurasana e portare di più la cima della testa verso il bacino.

Virasana. Portare le mani sulla pianta dei piedi  e andare in paryankasana. Non estendere le braccia per ora. Sollevare le scapole, spingere il dorso dei piedi, le tibie, gli ischi, la cima della testa, i gomiti. Poi andare in supta virasana ed estendere le braccia.

Una gamba in padmasana, l’altra in swastikasana (ardha padmasana). Il piede in swastikasana va sotto la coscia opposta. Paryankasana, spingere le cosce al pavimento, gli ischi giù, poi estendere i due lati del tronco, braccia estese oltre la testa. Altro lato.

Padmasana, matsyasana. Afferrare con le mani i metatarsi per portare la cima della testa più vicina al bacino. inguini giù, cosce giù. Poi estendere la schiena a terra. Altro lato.

dandasana. Spingere i gomiti a terra  e portare la cima della testa a terra. Afferrare i due lati del tappetino per sollevare di più le scapole.

uttanasana

sirsasana. Badda konasana in sirsasana.

samyama2parivrtta janu sirsasana. Un gomito lontano dalla gamba distesa, l’altra mano alla vita. Spingere il gomito e ruotare portando in dentro e in su la scapola. Il torace fa matsyasana. Tenere il lato interno del piede per fare leva con il gomito e aiutare la torsione.  Dovete capire perché il gomito non va giù. Non ruotate la testa prima di aver portato il gomito giù ed aver eseguito la torsione.  Una seconda volta. Ora il torace deve scendere, ma si deve ruotare verso il soffitto, le spalle allineate. Estendere il braccio verso il piede della gamba tesa, mano in su, poi piegare il gomito. Aiutare con l’altra mano a portare il gomito più in avanti.  Portare un lato del tronco verso il basso, l’altro verso l’alto. Occorre fare lo sforzo, aiutarsi con l’altra mano, se il gomito non scende.  Ma prima dovete fare l’estensione di quel lato, se contraete, il gomito non potrà mai scendere.  Se non siete capaci, potete iniziare con delle torsioni più semplici, oppure praticare con il muro. La gamba distesa vicino al muro, la schiena al muro, ora potete estendere il torace e immaginare che ci sia una televisione al soffitto, guardate là!

Parivrtta janu sirsasana. Una gamba piegata, l’altra tesa, torace rivolto in avanti. Ruotare la gamba tesa completamente, mettere la mano sotto la coscia per ruotarla. Estendere il lato della gamba, piegare il gomito ed estendere la mano oltre al piede per ruotare l’addome e il torace. Le scapole fanno paryankasana. L’altra mano in vita. Ora estendete il braccio opposto in linea come in parsvakonasana.  Infine afferrate il lato esterno del piede, piegate tutti e due i gomiti e ruotare.

Sayama3Utthita parsvakonasana=parivrtta janu sirsasana. Ruotare una coscia completamente, scapole giù, lati del torace su. Piegare ad angolo retto la gamba, radice della coscia giù, ginocchio indietro. La natica in avanti, come in parivrtta janu sirsasana.  Portare la mano giù, l’altra in vita. Se l’inguine non lavora piegare il gomito e spingere il ginocchio indietro e la natica in avanti, come nella posizione precedente. Ruotare le costole e portare il braccio opposto su.

Uttanasana

parivritta janu sirsasana. Preparazione. Connessioni con utthita parsvakonasana.  Piegare una gamba e ruotare. Osservare la gamba tesa, come si mantiene la rotazione della gamba? Dovete resistere con la natica in avanti. Come in utthita parsvakonasana, il piede e l’ischio della gamba davanti devono essere allineati

utthita parsvakonasana. Ruotare la coscia indietro, come in parivrtta janu sirsasana.  Ora la mano dietro e estendere il braccio opposto

parivrtta janu sirsasana.  Osservare l’allineamento. Il punto più difficile da muovere è la mente, muovere dalle abitudini, dallo stato tamasico.  Le prime volte il corpo può essere indolenzito, per questo la mente si rifiuta. E’ come partire da samashtiti: la gamba ruota di 90° la caviglia e l’ischio sono allineati, i due lati del torace sono allineati. Quando si allunga il torace verso la gamba tesa, addome e costole ruotano nella direzione opposta. Il bacino è il fulcro. La gamba dietro resiste e resta ruotata, non si muove in dentro. Ora si aggiungono le braccia e mantenendo le natiche in dentro si ruota di più.

upavishta konasana. Natiche in dentro, come parivrtta janu sirsasana. Integrazione: Dharana, Dhyana, Samadhi. Le azioni imparate in parivrtta janu sisrsasana devono essere integrate in utthita parsvakonasana. Questo è Samyama. Quanta attenzione è necessaria per questa integrazione? Ci vogliono anni di pratica per fare upavishta konasana, come samashtiti.  Andiamo dalla frammentazione all’integrazione. Eppure la mente scappa dall’integrazione, preferisce la frammentazione.

ardha chandrasana. Integrare tutte le azioni: utthita parsvakonasana, paryankasana, parivrtta janu sirsasana. E ogni asana va osservata in questo modo, ogni azione va integrata in questo modo. E’ un linguaggio che va perfezionato negli anni.  E’ un solo fluire di attenzione, come in Dhyana. Controllare voi stessi dal corpo, questo è il messaggio di Guruji.  Occorre partire dagli asana, dal corpo, finché non c’è integrazione nelle azioni del corpo, non c’è Samyama.

setubandha mattone

III.1 deśa-bandhaś cittasya-dhāraṇā

la concentrazione è fissare la mente in un luogo

III.2 tatra pratyayaika-tānatā dhyānam

la meditazione è fissare la mente su una sola immagine

III.3 tad evārtha-mātra-nirbhāsam svarūpa-śūnyam iva samādhiḥ

Avviene il samadhi quando la stessa meditazione riluce e la mente è priva della sua propria natura

III.4 trayam ekatra saṁyamaḥ

La pratica di questi tre si dice samyama

(Questa lezione di Geetaji è stata tenuta a Pune nel giugno 2009)

 

Pratica personale: il “saluto al sole”

o Surya Namaskar è una delle pratiche di maggiore successo dello yoga contemporaneo, meritatamente. Si tratta infatti di una pratica che non richiede alcun attrezzo, oltre al tappetino e molta buona volontà, ma offre straordinari benefici fisici e mentali. E’ una pratica adattissima al periodo delle vacanze o del rientro perché permette di rimettersi in forma in breve; inoltre è una pratica completa, che si può adattare a seconda delle proprie esigenze. Non sappiamo quando sia nata questa sequenza di asana: secondo alcuni, l’origine sarebbe relativamente recente, l’inizio del secolo scorso; ma secondo altri risalirebbe addirittura al periodo vedico.

L’abitudine di eseguire asana in sequenza (Vinyasa) doveva essere comune nella scuola di Krishnamacharya a Mysore: è infatti stata ereditata da Pathabi Jois con il suo Astanga Yoga ed è stata a lungo praticata anche da Iyengar, che successivamente si dedicò a studiare l’allineamento nell’asana e lo yoga terapia, arricchendo la pratica di asana in sequenza di ben più importanti approfondimenti.

La pratica viene comunque mantenuta da BKS Iyengar nel suo Light On Yoga, nelle sequenze, del c.d. “primo corso” e la sequenza suggerita è la seguente:

IMG_3576

  1. Tadasana, inspirazione
  2. Uttanasana,  espirazione,inspirazione
  3. Chaturanga Dandasana,  espirazione
  4. Urdhva Mukha Svanasana,  inspirazione
  5. Chaturanga Dandasana,  espirazione, inspirazione
  6. Adho Mukha Svanasana, espirazione
  7. Uttanasana, inspirazione
  8. Tadasana, espirazione

Se Chaturanga Dandasana all’inizio è difficile, si può sostituire con Adho Mukha Virasana (come nella sequenza in apertura). Nel primo corso di asana di Gaeta Iyengar, Surya Namaskara è definito “parte delle preghiere giornaliere, in quanto ognuno, nei suoi rituali, non può fare a meno di salutare il Sole, Surya, una energia incredibile ed indispensabile per l’umanità”. Si consigliano 12 ripetizioni, come i 12 nomi del Dio Sole.  Per passare da una posizione all’altra si possono anche eseguire dei salti: questa tecnica è alla base dell’Astanga Yoga.

Oppure si può benissimo portare l’attenzione sul respiro e sull’allineamento, evitando di saltare. Per rendere la pratica più varia e completa, si possono inserire altre posizioni, in piedi, sedute, in avanti ed indietro. Ad esempio, dopo Adho Mukha Svanasana, inserire Utthita Trikonasana a destra e sinistra. Un esempio qui con Utthita Parsvakonasana. Notate che ho inserito la sequenza chaturanga-urdhva mukha tre le due ripetizioni destra/sinistra di parsvakonasana.

IMG_3575“I movimenti veloci e il rapido cambio di posizione assicurano libertà di movimento, creano agilità e flessibilità. migliorando la circolazione sanguigna” e anche la circolazione linfatica, grazie all’azione combinata del respiro con rapidi movimenti che allungano la parte anteriore e posteriore della colonna. I benefici dello yoga vengono in questo caso combinati con quelli di una attività aerobica, con vantaggio per il sistema cardiorespiratorio, e per il metabolismo, come è riportato da una ampia letteratura scientifica.  “Il cervello pigro si attiva e la mente agitata si riposa. Infatti questa è una specie di lavaggio del cervello, in cui si iniziano vedere nuove prospettive e un futuro migliore. Inoltre, i più giovani si divertiranno molto” prosegue Geeta, “ma chi ha problemi di cuore deve eseguire asana più riposanti”. Inoltre questa sequenza non è indicata durante il ciclo mestruale. E’ invece adattissima agli sportivi che vogliono mantenere e incrementare agilità e flessibilità, come specificato da Yoga e Sport, l’ultimo lavoro di BKS Iyengar tradotto in italiano. Gli occhi devono seguire il movimento delle dita: questo aiuta la coordinazione tra i sensi di percezione e ii corrispondenti organi di azione.

Ma questa intuizione non è preziosa solo per gli sportiva, è a maggior ragione utilissima per le persone non più giovani, che iniziano la pratica dello yoga, e che desiderano lavorare anche per conto loro. Eseguire -ad esempio- tadasana, urdhva hastasana muovendo lo sguardo aiuta moltissimo a mantenere l’equilibrio.

Un grande insegnante di Iyengar Yoga, Christian Pisano, nel suo testo “Virasamavesa. La contemplazione dell’eroe“, riprende le basi di Surya Namaskara nella pratica chiamata “Incantazione della corrente”, sottolineando l’aspetto meditativo di questa pratica, in cui le variazioni di movimento generano una corrente di fluidità e di energia. Tuttavia ammonisce sul fatto che le asana vanno prima studiate separatamente e la pratica della fluidità non deve creare ansia o disordine.  “Il movimento e il radicamento devono procedere di pari passo”. In questa “incantazione della corrente”, Pisano propone di inserire praticamente tutte le più comuni asana, in una sequenza che può diventare anche più di un’ora continuata, come ho suggerito per stimolare tapah. E’ importante non  accelerare mai i tempi e mantenere il respiro regolare. Ovviamente richiede esercizio e pratica. Al termine della sequenza, le posizioni capovolte devono essere supportate, perché non è possibile avere la necessaria stabilità.

 

Yoga e salute: la circolazione linfatica

lymphatic_system1310769499554Con la pratica degli asana, sviluppiamo sensibilità nella intercapedine tra la pelle e la carne…Il movimento della pelle dà la comprensione dell’asana. Sentite di estendere la pelle, i muscoli, persino le ossa, dal centro alle estremità e dalle estremità verso il centro (BKS Iyengar, Light On Life, 2005, p.28 ss.)

Il sistema linfatico è poco conosciuto nelle sue funzioni e molto delicato. La funzione del sistema linfatico è quella di  produrre  e far circolare in tutto l’organismo sostanze   create dalle  ghiandole disposte lungo la colonna.  La linfa è una soluzione acquosa che contiene sostanze importantissime soprattutto per la risposta immunitaria.    Però  il fluido, percorsi i vasi di conduzione, si può disperdere nei capillari linfatici, provocando ristagno e gonfiore negli arti. Poiché il 70% della circolazione linfatica è sottocutanea, la pressione dei muscoli è il principale fattore che aiuta la propulsione della linfa. In particolare le giunture (gangli linfatici) si trovano numerose in corrispondenza delle maggiori articolazioni del corpo, ascelle, inguini, gomiti e ginocchia. Anche i movimenti respiratori fungono da fattore propulsivo per la circolazione della linfa.

Più si studia il sistema linfatico, più si scopre quanto sia interessante rispetto alla pratica dell’Iyengar Yoga. Infatti Iyengar aveva osservato come il “corpo fisiologico” sia compreso tra il “corpo muscolare-scheletrico” ed il “corpo mentale”. Se le cellule del nostro corpo non sono in buona salute, noi non siamo in buona salute. Con la pratica di asana e pranayama possiamo intervenire a modificare lo stato di salute del nostro corpo ed in particolare rendere l’intero corpo attivo, eliminando i liquidi in eccesso e le tossine.
La linfa si origina dal filtraggio del plasma sanguigno attraverso le pareti dei vasi. La maggior parte di questo liquido viene riassorbito rapidamente dallo stesso sistema sanguigno, ma un’altra parte (2-4 litri in 24 ore!) non venendo riassorbito, costituisce il liquido “interstiziale”. La linfa, già conosciuta nell’antichità e anche in India (in sanscrito lasika, liquido luminoso), contiene lipidi e proteine che vanno ad arricchire il sangue, ma contiene anche materiale che va filtrato ed eliminato (ad esempio, durante la digestione, i liquidi transitano per il sistema linfatico). Inoltre, la risposta immunitaria si attiva attraverso il sistema linfatico, poiché i linfociti, cellule importanti nella risposta immunitaria, si formano nel timo, nella milza e nei linfonodi e la linfa stessa può essere portatrice di antigeni. A differenza del sistema circolatorio, la circolazione della linfa avviene soltanto in un senso, dalla periferia al centro; non esiste un organo centrale preposto alla mobilità della linfa, come avviene per il sangue pompato dal cuore.

images-17La complessità del sistema linfatico (capillari, vasi, precollettori, collettori, linfonodi, tronchi linfatici, e dotti linfatici) ricorda le Nadi di cui parlano gli antichi testi dello Yoga, che avevano origine da un punto chiamato kandasthana situato subito sotto l’ombelico. Queste nadi erano 72000 ma ognuna si divideva a sua volta in altre 72000. Le nadi principali connettevano i punti focali della colonna (chakra) a cui tutto il sistema era collegato.

 

Per stimolare il sistema linfatico, occorre eseguire posizioni in sequenza accompagnate dal respiro, posizioni capovolte e posizioni di recupero. La pratica del pranayama è particolarmente adatta a lavorare sui gangli linfatici. Occorre però anche studiare a fondo come lavora la pelle rispetto ai muscoli, soprattutto nelle posizioni in piedi, in modo da creare una capacità di sentire lo scorrimento della pelle rispetto ai tessuti sottostanti nelle varie posizioni.

utthita trikonasana

Un sito WordPress.com.

Su ↑