La mente yogica (una vacanza studio in Sardegna)

Alla conclusione di un bellissimo viaggio di studio in Sardegna, l’argomento scelto per le conversazioni di filosofia, “La mente yogica” si è rivelato davvero felice, come se il grande Maestro BKS Iyengar ci avesse suggerito di volta in volta le parole giuste per aiutare ogni praticante nel suo percorso. L’alternarsi di lezioni di pranayama, asana e filosofia yoga ha aiutato tutti ad entrare più in profondità in questo immenso campo di conoscenza. Ha aiutato me soprattutto, l’insegnante, ad integrare i diversi aspetti dello yoga e a cercare le espressioni più semplici e dirette per agevolare la comprensione. Il luogo scelto per il nostro viaggio ha certamente fatto sì che lo studio si svolgesse nelle condizioni ottimali: la confortevole ospitalità dell‘hotel Sandalyon, a San Teodoro; la stagione non più di affollamento dei luoghi e delle spiagge, il tempo variabile ma per lo più soleggiato, la presenza di una “sala yoga” con il cielo al posto del tetto, ma riparata dal vento…

La mente sfugge alla nostra comprensione come il mercurio sfugge dalle dita. Sentiamo che è vicina a noi ma non riusciamo ad afferrarla. L’idea comune occidentale che la sede della mente sia il cervello accresce la confusione. YS, III.34: hṛdaye citta-saṁvit, ovvero [Con il saṁyama] sul cuore, nasce la conoscenza della mente. Che cosa è saṁyama? E’ l’insieme delle fasi più elevate del percorso dello yoga, dalla concentrazione alla meditazione. Ma noi possiamo benissimo intenderlo come pratica yoga e basta. Non per nulla esistono āsana che portano la cima della testa in basso, mantenendo il torace aperto. Nel suo testo “Yaugika Manas. Know and realise the yogic mind” (Mumbai, 2010), BKS Iyengar ci accompagna in un viaggio affascinante sul come la pratica yoga cambi l’atteggiamento mentale e permetta di avvicinarsi alla realtà della mente. Normalmente, la mente è condizionata dalle impressioni dei sensi che creano esperienze di gioia e dolore, di esaltazione e depressione. La confusione peggiora quando non si comprende che il nostro punto di vista di essere umano è molto limitato; eppure l’io, che fa parte della mente, si sente al centro dell’universo e quindi patisce una sensazione di continua frustrazione o prigionia.

YS, II.1: tapaḥ-svādhyāyeśvara-praṇidhānāni kriyā-yogaḥ, ovvero Kriyā-yoga, il cammino dell’azione, è costituito da autodisciplina, studio e devozione al Signore. Guruji aggiunge: con la pratica dello yoga, la mente può essere allargata, estesa, stirata, allungata, focalizzata, concentrata. L’attenzione necessaria alla pratica degli āsana poco per volta ci insegna tutto questo, a condizione di praticare con disciplina, passione e devozione. Cosa vuole dire devozione in questo caso? Vuole dire fiducia in uno scopo più alto, al di là del semplice esercizio fisico. Lo scopo più alto è il trascendere la condizione della mente individuale, che è legata alle continue modificazioni del mondo naturale. Per quanto riguarda la mente, le continue modificazioni le possiamo sentire nel variare continuo dello stato mentale e dalle “fluttuazioni” che, al di là della nostra volontà, disturbano la quiete. Le affermazioni di Patañjali si basano su un preciso sistema filosofico, il sāṅkhya. Secondo questa antica filosofia dell’induismo ortodosso, l’intelligenza cosmica diventa intelligenza individuale e l’energia cosmica diventa energia individuale. L’essere umano comunica con l’esterno grazie ai cinque sensi, ai cinque organi di azione e cinque organi di percezione. La mente si trova così al centro di un sistema complesso e può essere attirata, come da una calamita, dai piaceri dei sensi oppure dalla propria vera natura spirituale.

Lo studio della filosofia yoga, alla fine, sta nello studio della mente che è al centro delle due realtà, il mondo naturale e il mondo spirituale. Aveva colto bene Roberto Calasso spiegando la filosofia degli antichi rishi che “udirono” la sapienza direttamente da Brahman: “L’unico pensiero è il riconoscimento che l’esistenza dell’universo è un fatto secondario e derivato rispetto all’esistenza della mente” (Ka, Milano, 1996, pp.205-206). Infatti fa parte della stessa sapienza “udita”, un’altra fonte cui BKS Iyengar fa spesso riferimento, la Taittirīya Upanishad, un testo la cui origine (quale sapienza orale) si fa risalire alla prima metà del primo millennio a.C. In questo testo si racconta la teoria dei kosha, gli strati che avvolgono l’anima, o Atman, la versione individuale di Brahaman. In questo nucleo profondo esistono tre livelli denominati nell’insieme ananda-maya kosha, o livelli di beatitudine. Questi sono avvolti da Vijñãnamaya kosha, o livello dell’intelligenza. Si tratta della parte più evoluta della mente, a diretto contatto con i luoghi dell’anima. L’intelligenza è avvolta dalla mente, o manomaya kosha, che riceve le impressioni dagli organi di azione e organi di percezione. La mente è avvolta dallo strato energetico-fisiologico o pranamaya kosha. l’insieme delle fonti di energia individuale che nutrono la persona fisica. L’energia individuale è avvolta dallo strato materiale in senso stretto, muscoli, ossa e articolazioni. Il testo delle Upanishad ne parla come “livello del cibo”. Si chiama annamaya kosha.

il nostro Guru, BKS Iyengar ha studiato tutta la vita i rapporti corpo e mente per insegnare agli occidentali, che hanno difficoltà a comprendere questa filosofia, come attraversare gli strati dell’essere umano proprio partendo dal corpo. Iyengar amava ricordare un sutra in cui si spiega che con la pratica degli āsana, il dualismo tra mente rivolta all’esterno e all’interno viene superata: II.48 tato dvandvānabhighātaḥ, in questo modo non si è afflitti dalla dualità degli opposti, e “questo modo” è la pratica degli āsana (se correttamente eseguite), ovvero posizioni stabili e confortevoli, perché lo sforzo che normalmente viene generato dalle impressioni dei sensi è annullato dalla “meditazione in azione” che permette di riassorbire all’interno le sensazioni del corpo. Con gli āsana si integra il lavoro degli organi di azione con gli organi di percezione,  la mente, l’intelligenza e la consapevolezza. Con la nostra pratica abbiamo sperimentato, ci siamo esercitate a sentire questo. Se si tratta il corpo come un oggetto si percepisce sforzo, ma se lo stesso corpo diventa il soggetto, l’anima o «vero sé» si riunisce al corpo. Il percorso dello yoga è un percorso verso l’interiorità e il controllo delle fluttuazioni; così la pratica trasforma il corpo e la mente.

La spiaggia Isuledda

La vacanza studio è stata piacevole e proficua perché eravamo un bel gruppo: Isa, Clara, Franca, Laura, Angela, Luciana, Caterina, Dianella, Silvana, Anna, Margherita, Gavino. Un grazie speciale alle colleghe Alessandra Belloni e Maria Antonietta Cugusi per la loro partecipazione….a presto!

Video lezioni di Iyengar Yoga

Nel mese di giugno ho tenuto sulla pagina Facebook di Yoga AKHU APS due lezioni settimanali. Penso di fare una cosa utile riunendo i link ai video in un’unica pagina in modo da consentire anche a chi non ha il profilo Facebook di seguire queste lezioni.

Chi desidera può contribuire alle attività dell”associazione Yoga Akhu APS con un contributo ad Emergency, direttamente tramite il sito, oppure con un bonifico intestato a EMERGENCY Ong Onlus 
IBAN IT65L0306909606100000073489.

Una lezione adatta per studenti intermedi con pratica di torsioni e posizioni adatte per chi ha problemi alla colonna lombare
Pratica di Iyengar Yoga per studenti principianti e intermedi, con attenzione all’equilibrio sulle gambe e posizioni in piedi
Una pratica adatta a studenti intermedi con particolare attenzione alle mani e piedi, per portare l’energia dalla periferia verso il centro del corpo
Una pratica per migliorare la flessibilità degli inguini e la stabilità delle posizioni sedute. Per studenti intermedi
Una pratica per principianti per rendere gli inguini più flessibili e preparare le posizioni sedute
Una pratica di preparazione delle posizioni “in avanti” mantenendo aperto il torace. Per tutti i livelli di pratica
Una pratica introduttiva alle posizioni che sollevano il torace lavorando sulle scapole
Una lezione per sollevare lo sterno e preparare le estensioni della colonna “indietro”
Una pratica adatta a rilassare il corpo e la mente e a preparare per il pranayama
Una pratica per rilassare il corpo e la mente e preparare il pranayama. Adatto per gli studenti intermedi

Come migliorare l’equilibrio tra “azione” e percezione in Iyengar Yoga

Il prossimo seminario si svolgerà domenica 2 febbraio, dalle 10 alle 13, presso “Yoga Room” in Via Lombroso 6, Torino.

Il seminario è rivolto ad allievi intermedi e avanzati di Iyengar® Yoga, a chi intende iniziare o perfezionare un percorso di insegnamento, agli allievi di Iyengar Yoga volenterosi e desiderosi di apprendere. No principianti assoluti. Gli allievi di altri “stili” di yoga devono contattarmi prima al 3357011099.

Lo studio delle “azioni” per la pratica degli asana in Iyengar Yoga richiede in primo luogo la pratica quotidiana finalizzata allo sviluppo della sensibilità individuale. Tuttavia, ognuno di noi ha difficoltà e necessita di essere indirizzato e corretto; inoltre, non è sufficiente studiare una sola volta il “cosa fare” per sentire ed eseguire correttamente un asana, ma occorre ripetere e praticare perché il momento in cui si inizia a “sentire” l’azione corretta è soltanto l’inizio di un percorso e non certo l’obbiettivo.

Occorre affinare l’equilibrio tra l’azione e la percezione, perché se l’azione è forte o violenta, i muscoli sono troppo attivi e la pelle, organo di percezione per eccellenza, non può sentire. Se l’azione è troppo blanda, si riceve invece una sensazione di instabilità e disagio. Equilibrando l’azione e la percezione, si possono eseguire  aggiustamenti sempre più fini e correggere la posizione fino a sentire completamente i suoi effetti benefici sul corpo e sulla mente.

Questi gli argomenti svolti sinora:

Come “stirare le gambe” (22 settembre 2019); come portare “la parte alta delle cosce indietro”(13 ottobre 2019); come portare “la testa del femore nell’acetabolo”(17 novembre 2019); come allungare il sacro verso i talloni (15 dicembre 2019); come allineare i due lati del bacino (12 gennaio 2020).

I prossimi seminari:  2 febbraio, 1 marzo, 19 aprile, 17 maggio, 7 giugno.  Indispensabile prenotazione.

Lezione di di Iyengar Yoga per studenti intermedi a YogaDom

Dopo un po’ di tempo di lavoro completamente indipendente sono molto contenta di riprendere la collaborazione con una vera e propria scuola di Yoga, dove si tengono lezioni per allievi di ogni livello di pratica.  La scuola è YogaDom, “un centro olistico che propone le più antiche discipline orientali, che hanno aiutato l’uomo per millenni a raggiungere e mantenere l’equilibrio psicofisico” con l’obbiettivo di una evoluzione spirituale.  Ma il focus è sull’Iyengar Yoga, cui sono dedicati la maggior parte dei corsi, in un percorso che va dai principianti assoluti, e allo yoga “restorativo” per persone che devono recuperare uno stato di salute e di benessere, alle classi generali, lo yoga in gravidanza, le classi per bambini e adolescenti.

Dall’inizio di ottobre quindi ho iniziato una lezione settimanale per allievi intermedi, adatta anche ad allievi avanzati e “volenterosi”, il venerdì dalle 13 alle 14,30. D’accordo con Lorenzo ed Eva, i responsabili di YogaDom, non si tratta tanto di imparare delle posizioni più difficili, ma di abituare lo studente alla concentrazione e all’attenzione, avvicinandosi agli obbiettivi dello yoga.

Per informazioni: info@yogadom.it; tel.3466940735. La scuola si trova in Corso Chieti 19, tra Corso Belgio e Lungo Po Antonelli. 

Luoghi: Istituto per anziani “Piccole Sorelle dei Poveri”

Mi sono sempre immaginata, prima o poi, ad insegnare yoga a persone anziane. Non persone di 60 o 70 anni piene di salute ed energia, ma davvero anziane. Non sapevo però che l’avrei fatto seguendo i miei percorsi di volontariato. Ora ho un’allieva che si chiama Antonia che ha una figlia di 70 anni! Questo vuol dire essere davvero anziani ed eppure avere ancora voglia di fare ed imparare qualcosa di diverso.

Ho interrotto la mia attività presso la Casa Circondariale “Lorusso e Cotugno” di Torino poco meno di un anno fa,  per vari motivi, nel senso che non ho più chiesto il rinnovo del permesso per il 2018. L’attività di yoga è stato “ereditata” da un’amica che insegna Hatha Yoga, non Iyengar Yoga, e che desiderava portare avanti questa esperienza. Del resto, in tanti anni non è stato possibile trasformare l’attività della lezione settimanale in un vero e proprio progetto di cui fosse possibile valutare i risultati ed intravvedere una prospettiva, anche modesta. Questo avrebbe richiesto il coinvolgimento di altri insegnanti e, inevitabilmente, di qualche risorsa. Condotta così e senza possibilità di espansione, anzi messa spesso in difficoltà dall’irrigidirsi delle norme sulla sicurezza, la mia attività rischiava di esaurirsi per esaurimento della volontaria! Ho preferito interromperla prima che questo accadesse, alla ricerca di un’ altra possibilità nel mondo del volontariato.

Questa si è presentata quasi subito. La mia amica Vittoria mi ha segnalato l’Istituto per Anziani “Piccole Sorelle dei Poveri” dove è stata ospitata per qualche tempo sua mamma: un Istituto speciale, situato in un edificio imponente costruito appositamente alla fine dell’ottocento, grazie ad una serie di donazioni, che ospita anziani poveri e non più completamente autosufficienti, anche economicamente…. L’accoglienza è familiare e calorosa; la mamma di Vittoria si era trovata benissimo. Al mattino, chi è in grado di lavorare collabora in cucina, nella manutenzione del giardino, nelle pulizie, esegue lavori vari; al pomeriggio, con l’aiuto di volontari laici, ci sono varie attività ricreative. L’ambiente è incredibilmente sereno, grazie allo spirito di servizio delle suore, le “Piccole Sorelle” appunto, tutte straniere, originarie del sud america e dell’oriente, con un sorriso contagioso!

La mia attività è iniziata subito, senza alcuna formalità, proprio il contrario dell’esperienza precedente. Il materiale yoga è stato trasferito negli spazi adiacenti ad una grande sala, utilizzata come sala conferenze e manifestazioni. Ci sono moltissime sedie, non esattamente del tipo usato nei nostri studi di Iyengar Yoga, ma che vanno benissimo. Ho acquistato un po’ di tappetini e ho trasferito le coperte e i mattoni che utilizzano nel precedente volontariato.

IMG-20180717-WA0004-1Occuparsi di persone anziane non è facile per niente, insegnare yoga meno ancora. Ormai tutti, anche gli anziani della casa di riposo, hanno sentito parlare dello yoga e sanno che è benefico per la salute. Qualcuno afferma di “fare ginnastica” spesso o qualche volta. Ma in realtà la maggior parte non ha mai fatto alcuna forma di attività fisica e non conosce per nulla il corpo, oppure ha consolidato l’idea che il corpo sia qualcosa che ha bisogno del medico e delle medicine se ci sono problemi. Ovviamente i problemi ci sono, e sono sentiti come insormontabili, determinando una fragilità, mentale prima che fisica, che disturba la concentrazione. D’altra parte, chi può dire come ci si sentirà a 80 o 90 anni? Ci sono tanti esempi di anziani lucidissimi e in ottima salute, ma anche molti pieni di acciacchi. Parlare dei propri acciacchi diventa facilmente il passatempo preferito.

Un primo ostacolo è quello di lavorare a piedi nudi. I piedi sono problematici nelle persone anziane, e anche per questa ragione non si tolgono volentieri le calze. A questo punto dicono che preferiscono lavorare con le calze, oppure hanno calze speciali difficili da togliere. Ovviamente il problema di uno diventa problema di tutti, e ognuno partecipa dando il proprio contributo e contribuendo al clima di scarsa concentrazione….

Il secondo ostacolo è quello della stabilità nel lavorare in piedi e la facilità a sentirsi stanchi. Con piedi in quelle condizioni è impossibile avere la stabilità necessaria alla maggior parte delle posizioni in piedi senza supporto e quindi preferisco che si appoggino sempre alla sedia. Meno male che c’è Vittoria che mi aiuta a spostare le sedie, anche soltanto alla loro destra e sinistra! Perché per loro è faticoso spostare continuamente le sedie per eseguire le posizioni dai due lati e non è semplice nemmeno capire che tappetini, sedie e praticanti devono essere allineati.

Il terzo ostacolo è l’impossibilità di sedere a terra tenendo la colonna estesa. Per prima cosa è difficile sedersi a terra, solo alcuni lo possono fare. Ma anche chi si siede a terra, pur con tre o quattro coperte, non è in grado di tenere le gambe incrociate. Quindi non faccio eseguire, in linea di massima,  queste posizioni e mi accontento di far lavorare seduti sulla sedia, oppure, come nel caso di Anna, con due sedie: la schiena appoggiata allo schienale della sedia e le gambe distese come in dandasana.

Il quarto ostacolo è l’impossibilità, per alcuni, di stendersi a terra. Anche qui l’aiuto di Vittoria è importantissimo perché alcune persone che non volevano distendersi stanno ora migliorando la loro abitudine di stendersi e rialzarsi, ma devono essere aiutate. Una volta a terra, capiscono immediatamente i vantaggi della posizione savasana, o della preparazione al pranayama.

Le mie lezioni di yoga devono tenere conto di questi piccoli e grandi ostacoli, che rendono impossibile una lezione anche solo vagamente somigliante a quelle “normali”. In primo luogo, mi sento molto ignorante. Non avevo la percezione di come fosse difficile insegnare, più che posizioni, “atteggiamenti” yoga e avevo un’idea approssimativa della fragilità fisica e mentale dell’anziano.  Sono appena all’inizio di un percorso di apprendimento e qualsiasi indicazione mi può essere utile, tenendo conto che l’età dei miei studenti è tra gli 85 e 90 anni. 

IMG-20180911-WA0002-1Come si svolge una lezione di yoga alla casa di riposo? Una volta che gli studenti si sono tolte le scarpe e le calze e si sono sistemati nelle loro postazioni, con tappetino e sedia, faccio loro eseguire una sorta di “tadasana” seduto, magari con i piedi sui mattoni, in cui, con i piedi e le ginocchia parallele, sentendo la spinta degli ischi sulla sedia, possono sentire l’elevazione della colonna e l’apertura del torace.  Di qui, si può lavorare sui piedi, sollevando i talloni mentre si mantiene la posizione, poi sollevando un piede da terra senza scendere con la colonna. Un’altra possibilità è quella di eseguire baradvajasana seduti sulla sedia, è ovviamente più difficile. Una terza possibilità sono le estensioni delle braccie come urdhva hastasana e urdhva badanguliasana.

Quindi provo qualche posizione in piedi, prima con le due mani sullo schienale della sedia sollevare un tallone dopo l’altro, cercare di portare energia ai piedi; poi divaricare le gambe ed eseguire un piccolo “trikonasana” estendendo lateralmente i due lati del torace e portando la mano sulla sedia; adho mukha svanasana con le mani sulla sedia, parsvottanasana, prasarita padottanasana.

IMG-20180807-WA0010-1Quando sono presenti amiche o badanti un po’ più giovani, che fanno yoga con noi, si crea un clima molto bello. Queste persone magari non sanno nulla di yoga, ma sanno come vanno trattati gli anziani per cui riescono a partecipare alla lezione ed aiutare gli anziani in modo allegro e giocoso, dando loro l’impressione di partecipare ad una attività che davvero va bene per tutti; così gli anziani fanno un’attività che non è solo esclusivamente “per loro” con tutti i loro limiti, ma è benefica per tutte le età, come in realtà è. In altri termini, mescolare gli anziani con altri studenti di yoga, in modo da farli sentire partecipi di un’attività collettiva, è un modo per dare loro ottimismo e confidenza, e non farli sentire umiliati dai loro limiti.

Qualche volta, oltre alle badanti, si sono fermate anche le suore! Purtroppo queste hanno i problemi del loro abbigliamento, ma è bello per gli anziani vedere che anche le suore partecipano e ci credono! Una in particolare, Suor Annina, originaria di Sri Lanka, desiderava davvero imparare lo yoga, che sentiva un po’ come una cosa sua; però ha dovuto accontentarsi di qualche fotocopia che le ho procurato perché non le è permesso altro.

La classe si chiude con posizioni sdraiate, con i problemi di cui ho parlato; supta tadasana, pavana muktasana ecc. Una signora non si può sdraiare e allora abbiamo architettato per lei una posizione sdraiata su cinque sedie, un po’ come savasana appoggiato sui mattoni. Il rilassamento è magico per ognuno di loro, come semplici indicazioni sulla respirazione.

Questo è solo l’inizio….il mondo degli anziani è incredibilmente complesso e interessante e, lavorandoci da pochi mesi, sento di avere soltanto scalfito la superficie. C’è tantissimo da imparare e da studiare e molta esperienza da fare. In generale, l’avanzamento dell’età non procede in modo lineare, ma un certo giorno ci si accorge di non avere più la voglia, o la forza, o tutte e due, di fare determinati movimenti e di lavorare in un certo modo con il corpo e con la mente. Premesso che invecchiare è un fenomeno naturale e necessario, è anche giusto vivere consapevolmente questi momenti di cambiamento e ritardare il più possibile irrigidimenti del fisico e della mente che non sono dovuti a cause di forza maggiore. Grazie a Vittoria che mi ha fatto conoscere questo mondo e ai vecchietti che mi seguono ogni settimana, per tutto quello che mi danno la possibilità di imparare.  A differenza del volontariato precedente, che in un certo senso faceva sentire anche me un po’ “imprigionata”, mi pare che lavorare nella casa di riposo apra tantissime prospettive per chi è interessato ad imparare. Sono sempre di più le persone che arrivano ad età avanzata, ed è importante mantenere una buona qualità della vita, se le condizioni fisiche lo consentono; ma è anche vero che le risorse pubbliche sono limitate o, per dirla in altro modo, ci sono grandissime opportunità di essere utili. Grandissime vuol dire che in un campo come questo, è perfetto un insieme di tecniche raffinate come quelle dell’Iyengar Yoga e ci sarebbe davvero posto per tanti insegnanti e collaboratori di buona volontà….

Yoga in giro: Casa Circondariale “Lorusso e Cotugno”, Torino

Ho iniziato ad insegnare yoga presso la Casa Circondariale di Torino nell’ormai lontano 2009. In prossimità di lasciare il lavoro per essere collocata in prepensionamento, volevo fare un’attività di volontariato che riguardasse lo yoga, ma non mi sentivo preparata per insegnare a ragazzini o a persone portatrici di disabilità. Una mia cara amica avvocato mi aveva allora consigliato di rivolgermi al direttore della Casa Circondariale, persona nota per la sua apertura alle attività di volontariato e alle politiche volte a dotare i detenuti degli strumenti necessari per reinserirsi nella società. Ricordo ancora il giorno del primo colloquio, quanto ero emozionata. Il direttore mi aveva chiesto: “Che cosa crede di trovare qui dentro?” e dalla bocca, senza che ci pensassi, mi erano uscite queste parole: “Lo yoga aiuta a ritrovare il rispetto di Sé”.

Poiché nessuno all’interno dell’Istituto aveva particolare esperienza  di yoga, sono stata mandata in primo luogo in un reparto “speciale”, in cui i detenuti erano collocati in celle singole e avevano un programma particolarmente ricco di attività: questo perché avevano accettato di essere sottoposti all’esame di sieropositività e di farsi curare.  L’ufficio degli educatori aveva ritenuto che questo reparto fosse meno “traumatico” per una neo volontaria senza esperienza di carcere, ed in effetti forse l’effetto carcere si sentiva meno, però poche persone in realtà erano interessate allo yoga. Ho portato avanti il mio lavoro comunque, anche con solo  due-tre allievi per volta, grazie alla mia insegnante di quei tempi, Maria Paola, che mi aveva regalato dei tappetini e poi dell’associazione Light On Yoga che mi ha rimborsato l’acquisto degli indispensabili supporti per la pratica dell’Iyengar Yoga. O almeno di alcuni di essi: nessun problema per i tappetini, le coperte, e i mattoni in materiale leggero; assolutamente vietate le cinture e anche le sedie pieghevoli in metallo. Poco per volta, la mia “sala da yoga” all’interno del Padiglione “Prometeo” della Casa Circondariale ha acquistato un aspetto quasi da luogo di yoga normale; ma avvertivo che i detenuti erano pigri e svogliati e facevano gran fatica a seguire l’attività, come se ogni volta “tirassero a sorte” a chi toccava andare a fare yoga (così anche per le altre attività) per non perdere i privilegi di essere ospitati in un padiglione comunque più confortevole di altri. Tuttavia il mio lavoro non era privo di soddisfazioni: il programma per principianti che funzionava per gli studenti normali andava benissimo anche per i detenuti sieropositivi, per quanto l’associazione mi avesse allora richiesto una relazione, di concerto con la mia insegnante, sui programmi speciali per studenti di yoga sieropositivi. Ho comunque imparato da questa esperienza che le persone che hanno  sofferto di dipendenze in passato sono quelle che hanno maggiore difficoltà a concentrarsi su una pratica come quella dello yoga. Una esperienza simile l’ho infatti vissuta, tempo dopo, con un esperimento di attività di yoga al padiglione femminile: molta apparente disponibilità, ma pochissimi risultati tangibili.

Le cose parevano destinate a trascinarsi senza particolare soddisfazione finché non mi hanno detto che avrei dovuto “parlare con Pietro”. Pietro era un insegnante della scuola media interna all’Istituto e una persona  simpaticamente eccentrica, profondamente umana e ricca di buona volontà per promuovere le iniziative ritenute meritevoli. Pietro mi ha aiutato ad organizzare degli “incontri” con gruppi di detenuti di tutti i padiglioni dell’istituto, per far conoscere la mia attività, che fu adottata tra le discipline della scuola. Così ho iniziato a fare tante lezioni, anche tre alla settimana, con gruppi numerosi di detenuti, fino a 20 per volta. La cosa gratificante era l’interesse e la curiosità che lo yoga suscitava; la difficoltà era costituita dal doversi adattare a sempre differenti spazi, senza la possibilità di trasferire il materiale. Teoricamente la possibilità esisteva, ma poi c’è stato l’episodio “dell’ascensore” e quindi ho smesso di pretendere di trasferire tappetini, coperte e mattoni da un luogo all’altro, magari distanti centinaia di metri. Mentre ho sempre avvertito il massimo rispetto da parte dei detenuti, magari svogliati, ma sinceramente riconoscenti di quello che veniva loro offerto, qualche volta ho avvertito insofferenza da parte degli agenti di custodia, costretti ad un lavoro noioso, stressante e pericoloso, in cui ogni novità rischia di essere vista come un aggravio alle già numerose e pesanti incombenze. E’ stato per iniziativa di uno di loro che sono stata “dimenticata” in ascensore al buio per circa mezz’ora: l’ascensore ha le porte bloccate se non con le chiavi in loro possesso per cui non mi è rimasto che attendere di essere liberata, cosa che poi è avvenuta, non so ad opera di chi, forse della stessa persona che ha deciso di non farlo quando ho suonato il campanello la prima volta.

Sarebbe interessante illustrare questa relazione con fotografie, ma all’interno dell’Istituto è assolutamente vietato fotografare e occorre munirsi di lucchetto per lasciare la propria borsa (soprattutto i telefoni cellulari) negli appositi armadietti prima di entrare nei reparti di detenzione. La fotografia qui sopra è dal sito web dell’Istituto. I controlli sono molto severi, anche se largamente dipendenti dalla discrezione di chi si trova dall’altra parte al momento. All’entrata dell’istituto si presenta un documento (occorre naturalmente che l’attività sia stata approvata dalla direzione e che l’ingresso sia autorizzato dal magistrato di sorveglianza. I permessi devono essere rinnovati ogni anno) e si riceve un pass; questo va mostrato all’ingresso dei reparti, dove si lasciano le borse (si può portare all’interno solo l’indispensabile in una cartellina trasparente); all’ingresso dei vari padiglioni occorre mostrare nuovamente il pass e ogni persona viene registrata, ora di ingresso e ora di uscita. All’uscita il percorso inverso.

Vista la difficoltà di muovermi con il materiale all’interno dell’Istituto, con Pietro abbiamo individuato un luogo adatto dove tenere le mie lezioni. Tempo fa esistevano cucine separate per ogni padiglione (che ospita circa 400-500 detenuti); poi si è costruita una cucina centralizzata e sono rimaste ampie stanze senza un vero utilizzo, poco per volta riconvertite in laboratori. La sala è davvero ideale: circa 35 mq., in grado di ospitare per la pratica 10-12 persone, con ampie finestre, il sole al mattino e l’ombra al pomeriggio. Ma soprattutto, ho immediatamente avvertito da parte dei detenuti un entusiasmo completamente diverso per lo yoga. Questo padiglione ospita detenuti con alto turn over, molti non ancora con la condanna definitiva. La cattiva notizia è che sono costretta a fare quasi sempre una pratica di base, anche se alcuni poi sono rimasti anni a seguire le mie lezioni, ogni volta c’è qualcuno di nuovo e qualcuno che è uscito o è stato spostato. La buona notizia è che non rischio di affezionarmi a nessuno di loro, anche se spesso mi sono sorpresa ad essere un po’ dispiaciuta di non vedere più allievi che avevano seguito con tanta costanza e passione, da aver modellato il loro fisico “da Iyengar yoga”, con gambe ben diritte, schiena eretta e torace aperto!

Quando mi accade di parlare della mia attività di volontaria, quasi tutti mi chiedono se lavoro al reparto femminile. Invece no, lavoro nei reparti “normali”, e in Italia, come in tutto il resto del mondo, i delinquenti -coloro che hanno trasgredito gravemente le leggi- e si sono resi colpevoli di un reato penale, sono per il 95% di sesso maschile. Poi, una delle prime cose che colpisce vedendo la popolazione carceraria è il fatto che più che colpevoli la maggior parte di queste persone sembrano sfortunate: privi, molti di loro, dei mezzi necessari per pagare un buon avvocato, privi dell’istruzione e della competenza necessaria per portare avanti la propria vita senza rischiare di mettersi nei guai. Tante associazioni di volontariato collaborano, tra cui quella cui appartengo:  “La Brezza”.

Tra tutti gli studenti yoga che ho avuto nelle mie classi, sono proprio i detenuti le persone più attente alla filosofia yoga: io racconto spesso la leggenda del carro di Arjuna, che doveva dominare i propri sensi con l’aiuto di Krishna e l’attenzione loro è certe volte commovente, quando spiego che secondo la filosofia yoga i sensi sono ingannevoli e che occorre scegliere con l’intelligenza, non secondo la prima impressione. Questo è un messaggio che arriva direttamente al loro cuore, e allora, strizzando l’occhio, dico loro che le persone che praticano yoga non rientrano più in carcere una volta uscite, perché si sono abituate a ragionare prima di reagire. Per molti di loro, accusati di piccoli furti o spaccio, ritorna continuamente in mente l’episodio che “li ha portati dentro” come si sono comportati e dove hanno sbagliato. La loro condizione di detenzione li rende particolarmente adatti all’ascolto.

Come si svolge una lezione di yoga all’interno del carcere? esattamente come le lezioni all’esterno! Ho un mio quaderno dove segno i nomi degli allievi, un numero variabile tra quattro e dieci, che vengono riuniti spesso con l’aiuto di un agente di custodia che segue in particolare le attività rieducative. La sala da yoga al secondo piano è piuttosto confortevole. Uno o due detenuti sono incaricati di fare le pulizie una volta alla settimana. Le scarpe vengono lasciate all’ingresso. Dopo la registrazione delle presenze e i tre “AUM” di invocazione, di solito vengono eseguite le posizioni in piedi. I miei allievi sono di età variabile tra i 18 e i 70 anni, ma normalmente l’età è tra i 25 e i 45 anni. La maggior parte di loro fa altra attività fisica, ma non hanno l’abitudine a “dialogare” con il proprio fisico per cui avvertono immediatamente i benefici del movimento secondo le istruzioni dell’Iyengar Yoga e sono pronti per posizioni più impegnative, adho mukha svanasana, uttanasana, urdhva mukha svanasana. Quasi sempre eseguiamo adho mukha vrchasana e gli allievi si aiutano l’uno con l’altro ad imparare a salire nella posizione. “L’importante non è fare meglio degli altri, ma fare meglio di quello che si è fatto la volta precedente”. Con le posizioni capovolte gli allievi imparano un altro modo di sentire il corpo e la mente: ovviamente si tratta di un momento di evasione, di divertimento, di esperimento. Nelle successive posizioni sedute o in avanti non si sente più volare una mosca: queste sono difficili per la maggior parte di loro, abituati a lavorare più di forza che di flessibilità. Come in una qualsiasi lezione, il mio sforzo è dedicato a spiegare che non si tratta solo di un esercizio fisico, ma di una meditazione, di una pratica volta ad andare in profondità dentro di sé. Gli allievi comprendono e mettono attenzione. Concludo con qualche minuto di pranayama e savasana.

Se a volte mi chiedo come mai sto ancora andando una volta alla settimana alla Casa Circondariale, dopo otto anni (un’ora e un quarto ad andare con il pullman n.29, da capolinea a capolinea, un altro quarto d’ora all’andata e al ritorno per i controlli, almeno un quarto d’ora per riunire gli allievi, totale quasi 4 ore per fare una lezione di poco più di un’ora) questo capita sempre prima di fare la lezione e non dopo. Finita la lezione, sono sempre contenta. Mi basta vedere la differenza di espressione dei miei allievi prima e dopo la pratica per capire che quello che faccio ha un senso.

E la settimana dopo ritorno, benché le cose si stiano facendo sempre più difficili. L’orario a disposizione delle attività di volontariato è stata ridotta, il tempo passato dai detenuti obbligatoriamente in cella è stato allungato. Questo in tempi in cui si parla sempre di più di recupero dei detenuti, di attività utili, sembra che la realtà del carcere sia sempre di più chiusa in se stessa.

Il boom dello yoga ha riguardato molto marginalmente gli aspetti di possibile applicazione dello yoga nel sociale, e questo -secondo me- è un gran peccato! (qui parlo di associazioni di yoga)

Nello stesso tempo, i “problemi di sicurezza” hanno sempre la priorità (giustamente) sulle attività di recupero dei detenuti e questo è un altro gran peccato (qui parlo delle strutture carcerarie).

Le due cose insieme faranno sì che prima o poi metta fine a questa straordinaria esperienza.

 

 

Yoga in giro: Villa della Regina

Con grande piacere ed emozione comunico che è stata accettata la mia proposta di condurre lezioni di yoga, aperte a tutti  e gratuite, nella meravigliosa cornice di Villa della Regina, il 7 maggio e 4 giugno 2017, domenica, dalle 15,30 alle 16,30.  L’attività si è svolta per l’Associazione Amici di Villa della Regina, che è da anni impegnata a sostenere iniziative in grado di contribuire alla manutenzione e migliore fruizione della Villa. Si tratta di domeniche in cui l’ingresso è gratuito: ai partecipanti è stata richiesta un’offerta libera per l’Associazione, da destinare all’acquisto di panchine per il parco.

Domenica 7 maggio e domenica 4 giugno sono stati  condotti i primi esperimenti, molto positivi, per la presenza di un bellissimo sole dopo la pioggia (e durante la pioggia!)e di un pubblico attentissimo. Potete vedere l’album fotografico, curato da Vittoria Castagneto, qui. La pratica a Villa della Regina riprenderà a settembre

18301843_1278846895532017_3237045083345077545_nVilla della Regina non ha certo bisogno di presentazioni. Residenza Sabauda inscritta nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, faceva parte delle residenze suburbane, la “corona di delizie”. Il progetto costruttivo fu ispirato alle ville barocche della campagna romana, al centro di una sistemazione scenografica del pendio, con fontane e terrazze. Proprio sulla terrazza del Belvedere dei Solinghi, situata all’ombra del bosco, si svolge la pratica di yoga. Informazioni: infoamicivilladellaregina@gmail.com

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