“Adhyātma śastra :curare l’anima con la pratica yoga

La nostra assistenza sanitaria è ottima, anche se è ora messa a dura prova. Disponiamo di medicine e antidolorifici per i nostri disturbi fisici, ma che cosa ci può alleviare la tristezza? Secondo Prashant Iyengar, la pratica di āsana e pranayama, secondo gli insegnamenti di Guruji BKS Iyengar, è Adhyātma śastraovvero la scienza che permette di comprendere l’anima, un vero e proprio “antidolorifico per l’anima”.

iyengar familyPrima dei contributi di Guruji, la pratica degli āsana in occidente non si poteva ricondurre ad un percorso di “cura dell’anima”; e anche ora yoga è spesso inteso come sinonimo di esercizio fisico. Invece l’importante caratteristica di Adhyātma rispetto alla  pratica di āsana e di pranayama è il rendere poco per volta naturale “oggettivare” il proprio corpo e mente, con l’intelligenza, i sensi, la consapevolezza, le emozioni.  Questo continuo processo di auto-analisi è il grande contributo di Guruji all’evoluzione dello yoga e permette ad ogni studente di avvicinare un poco di più l’anima. Quello che Guruji ha studiato e spiegato tutta la vita, mettendo ogni possibile impegno, intelligenza e passione, era già implicito negli Yoga Sutra di Patanjali, ma nessun maestro yoga in precedenza aveva esplorato con tanta profondità la pratica costante di āsana e pranayama.

Prashant Iyengar ha indagato in che cosa il metodo di Guruji è diverso dagli altri, sì da rendere la pratica una cura per l’anima e lo ha fatto in un libretto dal titolo “Yoga and the new millennium” pubblicato nel 2000, quasi vent’anni fa. E’ interessante ora leggere le parole di Prashant che,  come se avesse letto nel futuro, spiega alcuni aspetti del sistema Iyengar difficili da comprendere e da spiegare a  parole.

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Alcuni ritengono che il sistema Iyengar sia molto complicato perché ci sono tante istruzioni tecniche, ma è in questo modo che lo studente ottiene consapevolezza  del corpo, che è il primo passo per andare più in profondità:   non esiste altro percorso per andare al di là del corpo muscolare e scheletrico. Senza  precise istruzioni non si può andare a conoscere il corpo con precisione e la precisione permette di andare al di là del corpo. Si potrebbe scrivere un libro sulla posizione tadasana, la montagna, tanti sono i dettagli da osservare: eppure è una posizione semplicissima, che apparentemente non richiede alcuna abilità.  Questo è originale e unico nell’insegnamento di Iyengar, l’espansione dei nostri canali di osservazione e di auto osservazione, di consapevolezza, di penetrazione all’interno. Questo ci avvicina, con la pratica degli asana, all’obbiettivo dello yoga, citta-vṛtti-nirodhaḥ, fermare le fluttuazioni della mente.

Un altro aspetto è la sequenza degli āsana che normalmente veniva del tutto trascurata.  La sequenza aiuta a comprendere proprio i dettagli tecnici che permettono a loro volta di penetrare più a fondo nella conoscenza del corpo e della mente. In questo modo si acquisisce uno stato mentale “yogico”, sereno, chiaro, passivo. Con una appropriata sequenza di āsana si può modificare e migliorare lo stato della mente ed è la condizione che tutti gli studenti sperimentano dopo una lezione impegnativa. E’ una sorta di stato impersonale, equilibrato, quieto.  La sequenza non è automatica, non è solo eseguire sarvangasana dopo sirsasana, ma è condotta secondo le istruzioni tecniche delle posizioni. Ogni sequenza è diversa dall’altra. E’ questa profondità che genera la calma mentale.

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Un terzo aspetto è il tempo in cui si sta in una determinata posizione. Comprendere richiede tempo e quindi ogni āsana deve essere eseguita per un tempo determinato. Rimanere  a lungo non serve a mostrare le proprie qualità fisiche o l’orgoglio personale; ma rimanere il tempo giusto (magari un po’ di più di quello che si riterrebbe comodo…) serve a sviluppare le potenzialità dell’āsana e comprendere esattamente come e dove lavora, a seconda delle istruzioni tecniche necessarie per la sua esecuzione e rispetto agli āsana eseguiti prima. Non si tratta di rimanere meccanicamente a contare il tempo con il cronometro. Possiamo decidere di stare in una posizione, ad esempio, per cinque minuti; ma trascorsi questi cinque minuti, quanto è stato il tempo effettivamente dedicato alla posizione oppure ai nostri pensieri personali? Questo è il motivo per cui l’insegnante invita in continuazione ad esercitare l’attenzione.

Questi tre aspetti sono così connessi che non lavorano in modo isolato. L’integrazione tra i tre aspetti è la quarta meraviglia del sistema.  In questo modo, la pratica ci può accompagnare nel percorso volto alla cura dell’anima.

A vent’anni dalla scrittura di questo testo “Yoga and the new Millennium”, Prashant Iyengar doveva in qualche modo intuire che gli anni a venire avrebbero avuto sempre più bisogno di questo insegnamento e che la “cura dell’anima”  sarebbe stata indispensabile ad affrontare le sfide del presente.

Meditazione: iniziare il prima possibile e continuare….

Vacanze o meno, a volte la tensione della vita è tale da non riuscire a fermare la testa. Sembra che in ogni istante si debba risolvere un qualche problema, che in ogni istante ci siano cose da ricordare. Meditazione è semplicemente concedersi il lusso di non pensare a nulla.

Perché in primavera o estate? Gli impegni sono minori, il clima è più rilassato, anche se le lunghe ore di luce ricordano che ci sarebbe molto da fare. Infatti l’estate passa velocemente e magari si nota di non aver poi fatto nulla di speciale. Per questo l’estate è perfetta per la meditazione ed è il momento ideale per iniziare se ancora non si è stabilita questa abitudine. Non c’è pratica più “speciale” della meditazione.

Dhyana, secondo la filosofia yoga,  è l’attività volta a espandere in modo uniforme l’intelligenza; il primo passo (dopo dharana, concentrazione) è il fermo fluire dell’attenzione verso la stessa area, o punto.

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Ekatānatā è la parola chiave di dhyana, secondo BKS Iyengar. Il flusso di attenzione deve essere fermo e ininterrotto, ma al tempo stesso uniforme. Non c’è pigrizia, non c’è noia. Non è semplice concentrazione, ma “attenzione all’anima, dall’anima, per l’anima”. L’anima, atman, è diversa da quello che intendiamo nelle religioni occidentali. Atman è pura consapevolezza, al di fuori delle modificazioni della realtà materiale. Anche l’intelligenza e l’attenzione fanno parte della realtà materiale, ma sono quanto di più vicino abbiamo alla pura consapevolezza. In dharana e dhyana occorre rimanere concentrati sull’interno di sé, e interrompere gli altri flussi di pensieri disturbanti, o almeno, all’inizio, saperli riconoscere e prendere distanza.

 

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La mente di chi pratica yoga deve essere portata alla calma originaria e al silenzio. Questo pone fine ai condizionamenti mentali e libera dal coinvolgimento degli oggetti. Numerosissimi studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia della meditazione per ridurre il cd. stress, migliorare la qualità del sonno, ma soprattutto migliorare la qualità della vita! Perché chi si abitua a meditare, dopo breve tempo, “prende la distanze” da ciò che succede e diventa meno incline al nervosismo: in altri termini, si avvicina all’obbiettivo dello yoga.

cadf0f7d2cd7e183d4d85a9ba5866607--patanjali-yoga-mindfulnessQuesti effetti, addirittura, sono misurabili in breve tempo, come ha dimostrato, ad esempio, uno studio recente, dove sono stati confrontati i risultati tra persone che avevano meditato durante un workshop di una settimana rispetto a persone che non avevano svolto questa attività. I cambiamenti sono, in così poco tempo, molto significativi, perché con la meditazione si attuano modificazioni  profonde nella struttura mentale.

Un altro studio ha avuto come protagonisti ragazzi della scuola superiore e i loro insegnanti, nell’ambito di una attività promossa dalla Fondazione David Lynch, pubblicata sul supplemento di Repubblica. Un gruppo di 80 persone volontarie ha meditato per tre mesi, due volte al giorno, per 15-20 minuti; i risultati sono stati confrontati, con esiti stupefacenti, con quelli di persone che che non avevano svolto alcuna attività. Insomma, pare che Patanjali avesse assolutamente ragione: praticare samyama (dharana, dhyana, samadhi) consente di liberarsi dalle contingenze della vita, acquistare serenità e capacità di giudizio; in altri termini, superare l’ignoranza che viene dalla veduta particolare e soggettiva delle cose.

Geeta Iyengar ricorda che lo strumento della meditazione è il corpo, che deve essere precedentemente fortificato con la pratica regolare di asana e pranayama.  La meditazione non si insegna, si pratica: su questo anche Guruji era tassativo. Non si pratica in gruppo e quindi non si può insegnare nelle classi, si deve praticare individualmente. Il consiglio è iniziare con 10 minuti, al mattino presto, prima del pranayama; successivamente si potrà aumentare il tempo. Personalmente ritengo sia molto utile anche una meditazione a fine giornata, della stessa durata della mattina. In “Yoga per la donna”, Geetaji insegna in modo molto preciso quale deve essere la posizione e l’atteggiamento mentale nel corso della meditazione. Sono pagine di saggezza. Chi non desidera per ora iniziare la meditazione, dovrebbe comunque leggerle e lasciare sedimentare l’impressione di questo insegnamento, da cui traspare una conoscenza di immensa profondità.

 

 

Bibliografia consultata:

BKS Iyengar, Gli antichi insegnamenti dello Yoga, I sutra del grande maestro Patanjali, Ed. Italiana Futura, 1977.

BKS Iyengar, Light On Astanga Yoga, 2° Ed., Mumbai, 2012

Geeta Iyengar, Yoga per la donna. Roma, 1992.

 

Iyengar Yoga e altri “stili” di yoga

In autunno è possibile che ci si metta alla ricerca di una scuola di yoga,  per praticare in modo regolare una disciplina che tutti dicono essere benefica per il corpo e la mente. Una curiosità  degli allievi può essere quella di sapere che cosa hanno di differente i vari “stili” di yoga. Poiché ora lo yoga è di moda e viene insegnato dappertutto, a volte gli allievi sono disorientati rispetto alla varietà dell’offerta proposta dal mercato. E hanno pienamente ragione: se si cerca “tipi di yoga” o “stili di yoga” su internet si trovano moltissimi siti che spiegano la differenza tra Iyengar® Yoga, Hatha yoga, Kundalini, Bikram, Anusara, Ashtanga, Vinyasa ecc. come se lo studente andasse in un supermercato e decidesse semplicemente cosa comperare tra le varie merci esposte. Di fronte a spiegazioni tanto superficiali, rischia di farsi influenzare dalla grafica, dalle fotografie e dalle promozioni. Non viene spiegato che cos’è lo yoga e perché ci sono così tanti modi di insegnarlo.

Yoga è un termine dal significato molto ampio. E’ una delle filosofie tradizionali dell’India. La pratica dello yoga, secondo gli insegnamenti di Patanjali, mitico autore degli Yogasutra,  si propone di fermare le fluttuazioni della mente e di raggiungere la liberazione, secondo la visione dell’Induismo. Nel XX secolo, lo yoga è ritornato in auge grazie alla curiosità degli occidentali. Si sono così diffuse scuole di yoga e tecniche diverse di insegnamento.

Anziché mettere in ordine alfabetico i “tipi” di yoga, sarebbe forse più utile fare un passo indietro e vedere come le diverse “scuole” sono nate. Il testo di riferimento per tutti quelli che studiano yoga, gli Yoga Sutra (II secolo a.C.-IV secolo d.C.) non parla di diversi tipi di yoga. Un altro testo molto famoso, la Bhavagad Gita (Canto del Beato, forse II secolo d.C.) racconta lo yoga attraverso i dialoghi tra Arjuna e Krishna, spiegando che va praticato il karma yoga (yoga dell’azione), il bhakti yoga (yoga della devozione), e lo jnana yoga (yoga della conoscenza), modalità differenti e complementari per raggiungere la stessa meta.

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Moltissime scuole di yoga moderne occidentali si ispirano, almeno nel nome, al vocabolario induista, quindi, se non altro per questa ragione, vale la pena andare a controllare il significato di alcuni termini più ricorrenti e ci si accorgerà che la materia è infinitamente vasta e complessa, molto difficile da afferrare per le persone di altre culture e che non hanno una preparazione specifica: eppure i termini, come sappiamo, sono entrati nel linguaggio comune e nel marketing.

Ora, tra gli studiosi occidentali,  si tende a distinguere tra yoga “classico” (detto Raja yoga, secondo l’insegnamento di Vivekananda) e yoga “moderno” (quello studiato e praticato negli ultimi due secoli) senza dare alla pratica di oggi una connotazione negativa, anzi: lo yoga non é una disciplina accademica e si evolve nel tempo per mantenere intatta la sua efficacia, parole di B.K.S. Iyengar, il più grande insegnante di yoga del XX secolo. Un’altra distinzione, piuttosto infelice, separa le scuole di “yoga meditativo” da quelle di “Yoga posturale”

A mio parere, nello yoga “moderno”, occorre soprattutto distinguere tra le scuole che hanno la radice in insegnamenti nati dalla tradizione induista e alcune pratiche in voga ora, nate dal lavoro di maestri occidentali, che spesso e sicuramente sono ben preparati e hanno studiato in India, ma che hanno poi sviluppato una loro personale tecnica di insegnamento “fusion” in cui mescolano vari insegnamenti e tecniche, sia indiane che occidentali, oppure hanno adattato alcuni principi e tecniche dello yoga alle esigenze del pubblico.

Le principali scuole nate in India (presenti in tutto il mondo e anche in Italia), che danno garanzie di serietà e di preparazione certificata degli insegnanti sono Iyengar, Ashtanga e Satyananda . La scuola di Satyananda (c.d. Hatha Yoga), che si è evoluta dagli insegnamenti di Sri Swami Sivananda Saraswati,  richiama più direttamente agli insegnamenti dei testi tantrici (Kundalini yoga), ha il suo fondamento nel testo chiamato Hatha Yoga Pradipika; l’insegnamento insiste quindi sugli aspetti devozionali e meditativi della pratica, con l’obbiettivo del risveglio dell’energia kundalini. La scuola ha il suo centro nella regione indiana del Bihar, ma è diffusa in tutta l’India e tutto il mondo e diffonde la propria rivista a livello internazionale. Le scuole di Iyengar e di Ashtanga nascono da due maestri, entrambi allievi del grande Krishnamacharya (1880-1979), che riportò in auge lo yoga nel sud dell’India. La sua preparazione era fedele ai testi e all’insegnamento tradizionale, ma molto orientata sulla consapevolezza, come modo per esplorare i vari “strati” del  corpo e della mente. Di qui, B.K.S Iyengar, da cui il nome di Iyengar Yoga, e Pathabi Jois, insegnante di Ashtanga, hanno avuto storie separate, pur mantenendo un rapporto di amicizia. Il figlio di Krishnamacharya, T.K.V. Desikachar, sviluppò una sua propria scuola, tuttora molto seguita dagli occidentali.  Poiché io ho studiato Iyengar®Yoga e tutto questo blog, le sequenze e l’interpretazione filosofica sono frutto dell’insegnamento di questa scuola, non mi dilungo a parlarne qui. Iyengar ha dedicato tutta la vita a migliorare l’insegnamento dello yoga, con straordinaria intelligenza ed apertura verso la mentalità occidentale, pur rimanendo assolutamente fedele all’insegnamento spirituale profondo di Patanjali; ha creato una rete di insegnanti certificati a livello internazionale e degli standard di insegnamento e di pratica molto rigorosi.

Tutte le altre scuole di yoga, con diversi nomi, prendono (o hanno preso) spunto da questi maestri.  Ora ci sono vari tentativi di fornire più garanzie al pubblico in merito alla preparazione degli insegnanti di yoga, che nel frattempo è diventato Patrimonio dell’Umanità riconosciuto dall’Unesco.  Ci sono associazioni a livello nazionale ed internazionale attente alla formazione e aggiornamento degli insegnanti, c’è anche una norma UNI che definisce le caratteristiche dell’insegnante di yoga. Il sito, ad esempio della YANI (Yoga Associazione Nazionale Insegnanti) elenca stili di yoga “moderni” ispirati alla Bhagavad Gita, ben sapendo che molte scuole di yoga offrono corsi di questo genere. Altri siti offrono esclusivamente una panoramica di tipo commerciale, mescolando “stili” di yoga nati in India con “stili” inventati da maestri occidentali.  Non manca lo “yoga della risata”!

La cosa importante è non confondere l’esercizio fisico in palestra con la pratica dello yoga, anche se ora si tende a fare così. E’ vero che chi pratica yoga seriamente, non ha più bisogno poi di fare altro esercizio fisico per tenersi in forma e in buona salute. Però lo yoga è una “pratica”, con una finalità superiore, l’esplorazione del corpo e della mente, non un esercizio fisico fine a se stesso. Quindi è necessario scegliere un insegnante di yoga che dia requisiti e accompagnare la pratica con qualche lettura in modo da entrare gradualmente in argomento. Se va tutto bene, è opportuno chiedere all’ insegnante dei consigli per la pratica personale e iniziare a praticare per conto proprio, oltre che andare a lezione.  E’ bene essere sempre critici e tenere presente che l’insegnante di yoga, per le caratteristiche particolari fisiche e psichiche della disciplina, può influenzare più di quanto possa sembrare in un primo tempo. Se si sente, nel tono della voce, nelle parole o nei comportamenti, qualcosa di non pienamente convincente, meglio cambiare.  Il cammino dello yoga, nonostante le scuole, è un cammino individuale. Sono gli allievi (siamo tutti allievi) a  decidere se e quanto praticare e per andare dove. L’insegnante che si  sceglie deve  accompagnare e non viceversa.

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Pratica personale: il “saluto al sole”

o Surya Namaskar è una delle pratiche di maggiore successo dello yoga contemporaneo, meritatamente. Si tratta infatti di una pratica che non richiede alcun attrezzo, oltre al tappetino e molta buona volontà, ma offre straordinari benefici fisici e mentali. E’ una pratica adattissima al periodo delle vacanze o del rientro perché permette di rimettersi in forma in breve; inoltre è una pratica completa, che si può adattare a seconda delle proprie esigenze. Non sappiamo quando sia nata questa sequenza di asana: secondo alcuni, l’origine sarebbe relativamente recente, l’inizio del secolo scorso; ma secondo altri risalirebbe addirittura al periodo vedico.

L’abitudine di eseguire asana in sequenza (Vinyasa) doveva essere comune nella scuola di Krishnamacharya a Mysore: è infatti stata ereditata da Pathabi Jois con il suo Astanga Yoga ed è stata a lungo praticata anche da Iyengar, che successivamente si dedicò a studiare l’allineamento nell’asana e lo yoga terapia, arricchendo la pratica di asana in sequenza di ben più importanti approfondimenti.

La pratica viene comunque mantenuta da BKS Iyengar nel suo Light On Yoga, nelle sequenze, del c.d. “primo corso” e la sequenza suggerita è la seguente:

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  1. Tadasana, inspirazione
  2. Uttanasana,  espirazione,inspirazione
  3. Chaturanga Dandasana,  espirazione
  4. Urdhva Mukha Svanasana,  inspirazione
  5. Chaturanga Dandasana,  espirazione, inspirazione
  6. Adho Mukha Svanasana, espirazione
  7. Uttanasana, inspirazione
  8. Tadasana, espirazione

Se Chaturanga Dandasana all’inizio è difficile, si può sostituire con Adho Mukha Virasana (come nella sequenza in apertura). Nel primo corso di asana di Gaeta Iyengar, Surya Namaskara è definito “parte delle preghiere giornaliere, in quanto ognuno, nei suoi rituali, non può fare a meno di salutare il Sole, Surya, una energia incredibile ed indispensabile per l’umanità”. Si consigliano 12 ripetizioni, come i 12 nomi del Dio Sole.  Per passare da una posizione all’altra si possono anche eseguire dei salti: questa tecnica è alla base dell’Astanga Yoga.

Oppure si può benissimo portare l’attenzione sul respiro e sull’allineamento, evitando di saltare. Per rendere la pratica più varia e completa, si possono inserire altre posizioni, in piedi, sedute, in avanti ed indietro. Ad esempio, dopo Adho Mukha Svanasana, inserire Utthita Trikonasana a destra e sinistra. Un esempio qui con Utthita Parsvakonasana. Notate che ho inserito la sequenza chaturanga-urdhva mukha tre le due ripetizioni destra/sinistra di parsvakonasana.

IMG_3575“I movimenti veloci e il rapido cambio di posizione assicurano libertà di movimento, creano agilità e flessibilità. migliorando la circolazione sanguigna” e anche la circolazione linfatica, grazie all’azione combinata del respiro con rapidi movimenti che allungano la parte anteriore e posteriore della colonna. I benefici dello yoga vengono in questo caso combinati con quelli di una attività aerobica, con vantaggio per il sistema cardiorespiratorio, e per il metabolismo, come è riportato da una ampia letteratura scientifica.  “Il cervello pigro si attiva e la mente agitata si riposa. Infatti questa è una specie di lavaggio del cervello, in cui si iniziano vedere nuove prospettive e un futuro migliore. Inoltre, i più giovani si divertiranno molto” prosegue Geeta, “ma chi ha problemi di cuore deve eseguire asana più riposanti”. Inoltre questa sequenza non è indicata durante il ciclo mestruale. E’ invece adattissima agli sportivi che vogliono mantenere e incrementare agilità e flessibilità, come specificato da Yoga e Sport, l’ultimo lavoro di BKS Iyengar tradotto in italiano. Gli occhi devono seguire il movimento delle dita: questo aiuta la coordinazione tra i sensi di percezione e ii corrispondenti organi di azione.

Ma questa intuizione non è preziosa solo per gli sportiva, è a maggior ragione utilissima per le persone non più giovani, che iniziano la pratica dello yoga, e che desiderano lavorare anche per conto loro. Eseguire -ad esempio- tadasana, urdhva hastasana muovendo lo sguardo aiuta moltissimo a mantenere l’equilibrio.

Un grande insegnante di Iyengar Yoga, Christian Pisano, nel suo testo “Virasamavesa. La contemplazione dell’eroe“, riprende le basi di Surya Namaskara nella pratica chiamata “Incantazione della corrente”, sottolineando l’aspetto meditativo di questa pratica, in cui le variazioni di movimento generano una corrente di fluidità e di energia. Tuttavia ammonisce sul fatto che le asana vanno prima studiate separatamente e la pratica della fluidità non deve creare ansia o disordine.  “Il movimento e il radicamento devono procedere di pari passo”. In questa “incantazione della corrente”, Pisano propone di inserire praticamente tutte le più comuni asana, in una sequenza che può diventare anche più di un’ora continuata, come ho suggerito per stimolare tapah. E’ importante non  accelerare mai i tempi e mantenere il respiro regolare. Ovviamente richiede esercizio e pratica. Al termine della sequenza, le posizioni capovolte devono essere supportate, perché non è possibile avere la necessaria stabilità.

 

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