L’insegnamento di Swati Chanchani

Ho frequentato il bellissimo seminario di Swati Chanchani organizzato dallo Studio Yoga di Faenza ed è stata una esperienza entusiasmante. Forse soltanto ora, a più di trent’anni dal mio primo viaggio in India e venti di pratica di Iyengar Yoga, riesco a comprendere di aver soltanto scalfito la superficie della straordinaria sapienza indiana.  Swati Chanchani è una vera “Maestra”, abile e affabile, sempre sorridente e tuttavia misteriosa come la profonda sapienza che porta in sè.  Ma voglio ugualmente  provare a comunicare alcune sue espressioni che ho trovato particolarmente dense di significato.

fb_img_1558820437575.jpgOltre all’invocazione a Patanjali, all’inizio si è cantata l’invocazione a Ganesh. L’elefante, con il suo topolino Akhu,  procedono sempre su una via diritta: per questo proteggono il cammino spirituale, rimuovendo gli ostacoli. L’invocazione si recita vicino all’insegnante. Infatti i testi più antichi che parlano di pratica yoga sono le Upanishad e questa parola letteralmente significa: “sedete qui vicino”, riferito allo studente che riceve insegnamento spirituale dal maestro. E’ ovvio che  gli studenti devono ascoltare e rimanere attenti: quindi non sono consentiti appunti, e meno ancora fotografie e registrazioni.

Per l’India, Yoga e Karma sono inseparabili e tutti sanno di che cosa si parla. Il percorso dello Yoga serve per ottenere la liberazione dalla legge del karma. In Occidente invece tante persone oggi vogliono fare “un po’” di yoga per migliorare il loro stato di salute. Questo non è sbagliato perché può essere l’inizio di un cammino, ma occorre ricordare che l’obbiettivo dello yoga è superare il mondo terreno soggetto alla causa ed effetto. La legge di causa ed effetto fa sì che ognuno di noi abbia innumerevoli vite, e tutto ciò che si fa, anche l’atto apparentemente meno significativo, prima o poi avrà una conseguenza.

Il saggio Patanjali non ha inventato lo yoga, ma lo ha riassunto in 196 sutra, in modo che questo sapere concentrato potesse essere imparato a memoria. Il primo capitolo (pada) è dedicato a chi è già oltre i problemi della mente; il secondo è per gli studenti principianti; il terzo per gli studenti avanzati e sulla gestione dei poteri che conferisce lo yoga; il quarto su come deve condurre la vita di ogni giorno chi ha realizzato con l’obbiettivo dello yoga. Per ogni livello di studio Patanjali dice quali sono le difficoltà e come possono essere superate. Per i principianti gli ostacoli sono: pigrizia, malattia e dubbio.

La pratica degli asana serve per imparare e consolidare le posizioni della meditazione, soprattutto virasana, badda konasana, padmasana, swastikasana, siddhasana: in tutte queste posizioni, il perineo è al pavimento, quindi la colonna si allunga in modo naturale. L’osso sacro  si muove verso il basso e l’ombelico verso l’alto. Quando si ascolta il maestro o si studia in queste posizioni, l’apprendimento è facile perchè la colonna è allungata e la mente è vigile. Esistono, secondo la tradizione, 860000 asana, ma tutte servono a questo scopo.

Le posizioni come adho mukha virasana, adho mukha svanasana, parsvottananasana, uttanasana, prasarita padottananasana hanno tutte la funzione, tra l’altro, di allungare i muscoli della parte posteriore della coscia (harmstrings) in particolare il bicipite femorale, il lungo muscolo che va dall’ischio al ginocchio. Questa parte va resa flessibile e sensibile perché è importantissima per l’allungamento della colonna.

Il pranayama è lo stadio successivo dopo gli asana, ma si deve praticare anche contemporaneamente. Ogni posizione fa sì che il respiro sia differente. Ad esempio nelle torsioni, parivrtta trikonasana, occorre portare il respiro nel lato del torace opposto alla torsione. In tutte le posizioni, occorre riempire l’esecuzione della posizione con il respiro. La respirazione “viloma”, interrotta da pause,  è ideale per andare in posizione (ad esempio trikonasana) in modo corretto, equilibrando respirazione e attenzione. Per eseguire altre posizioni, ad esempio certe torsioni intense come marichasana 3 o parivritta parsvakonasana, è opportuno eseguire brevi espirazioni, come nella tecnica “bastrika”.

IMG-20190616-WA0003Swati Chanchani ha anche tenuto una bellissima conferenza, proiettando immagini, sul tema dello yoga e dell’arte. BKS Iyengar era solito dire: “Lo Yoga è come la musica. Il ritmo del corpo, la melodia della mente e l’armonia dell’anima creano la sinfonia della vita” e infatti il primo famoso allievo occidentale fu il famoso violinista Yehudi Menuhin. Ma Guruji era solito ricordare anche la simmetria del corpo, la simmetria degli asana, l’arte di rendere armonico il corpo. Le ricerche di Swati sulla storia dello yoga e lo yoga nell’arte, con il figlio, prof. Nachiket Chanchani (University of Michigan, Ann Arbor, USA) sicuramente porteranno ancora nuovi aspetti interessanti su una disciplina che coinvolge sempre più persone in ogni paese.

Grazie ancora allo Studio Yoga di Faenza e a Ilaria Zinzani per la bellissima iniziativa.

 

 

Una lezione di Geetaji (2018): guardare all’interno praticando asana

48371487_2385824271446088_8353101226191093760_nInvocazione

Prendere tutti 2 coperte, una cintura, un mattone. Mettere i supporti da parte per adho mukha virasana, adho mukha svanasana, uttanasana (piedi uniti, testa giù). Inspirare e concavare la schiena. Tadasana. Dandasana. Janu sirsasana: estendere le braccia verso l’alto e allungare in posizione. Torace lontano dall’addome. Cosce giù, testa giù, gomiti su, parte superiore delle braccia giù. Parivritta janu sirsasana (stesso lato): il braccio dietro oltre l’orecchio. Altro lato, le due posizioni. Il lato dietro verso l’alto e in avanti in janu sirsasana; in parivritta, ruotare l’addome e il torace in modo da portare il gomito oltre l’orecchio. Janu sirsasana di nuovo: muovere le ascelle, muovere i gomiti. Chi non riesce ad estendere il lato della gamba piegata, deve supportare il bacino. Parivrtta janu sirsasana: afferrare il piede e ruotare, ruotare! Muovere le scapole in dentro. Altro lato.

collage1Paschimottanasana: per aprire il torace, aprire le ascelle, muovere il torace in avanti lontano dall’addome ecc. occorre guardare dentro (look insight). Se l’azione non è possibile, usare i supporti. Usare la cintura e concavare la schiena, testa giù. Guruji ha sempre avuto un insegnamento molto chiaro e netto; non “provare”, ma “fare”. Semplicemente, fate quello che l’insegnante chiede. Potete usare i supporti. Quando siete voi ad insegnare, dovete fare lo stesso, usate un tono di voce deciso, non esitante o peggio ancora, cantilenante. Lo yoga non è una cantilena, le azioni da fare sono quelle. Tenere il piede, piegare i gomiti, spingere!! Spingere!!

Gamba sinistra piegata in virasana. L’altra gamba piegata, il talllone vicino al bacino. Krounchasana, afferrare il piede, sollevare il ginocchio e stendere la gamba. Tenere il torace su!! Costole posteriori in dentro. Sterno su! Aprire il dietro della gamba sollevata, aprire la pelle. Ora tirate la gamba verso il viso e poi testa giù, che in questo caso è testa su, fronte alla tibia. Se non sapete come fare, guardate la foto di Guruji in Krounchasana. Il corpo è un ostacolo, lo so bene. Ma la mente è un ostacolo più grande, non siete d’accordo?

Gamba destra piegata in marichasana, passare il braccio destro intorno alla gamba e prendere le dita. Ora crescete! Sollevate lo sterno e poi in avanti. Sono le stesse azioni di prima, distendete la pelle della gamba distesa, la pelle della parte bassa di entrambe le natiche. Perché non lasciate andare questa parte? Perché le ascelle non scendono? Non c’è la pratica, questo è tutto. Se la lezione fosse per principianti, capisco. Ma se sono insegnanti intermediate non capisco. Stiamo lavorando sempre sugli stessi punti, non sono posizioni diverse. Krounchasana di nuovo. Non spingete l’addome contro la coscia! L’addome deve salire e ruotare! Se non fate questo non potete andare su con il torace.

collage2Ardha badda padda paschimottanasana, afferrare il piede dietro con la mano e crescete con il torace. Ruotare! Come in parivritta janu sirsasana. Il punto è sempre l’apertura della gamba sotto, aprire la pelle della gamba verso il pavimento, distendere la pelle delle natiche. Di nuovo Marichasana 1: piegare la gamba, portare il tallone vicino al bacino, estendere il braccio, passarlo intorno alla gamba, sollevare il torace ruotando l’addome. Ruotare! Mettere l’altezza necessaria sotto il bacino.

Ardha matsyandrasana 2: una gamba in padmasana, ruotare e afferrare la caviglia o la cintura. Potete sentire che l’azione parte sempre dalla pelle delle cosce e delle natiche? Ruotare!! Seconda volta: da ardha matsyandrasana 2, andare in avanti come in Ardha badda padda paschimottanasana. Rilassare la natica della gamba distesa. Ardha masyandrasana 2 di nuovo, viene più facile?

collage3Baradvajasana 2. Gamba destra in virasana, sinistra in padmasana. Ruotare. Le ginocchia devono avvicinarsi. Stesso lato: Piegare la gamba destra in marichasana, estendere la sinistra: Marichasana 1, testa giù. Il tronco deve essere incollato alla gamba piegata. La gamba piegata deve spingere contro il tronco e il braccio. Capisco i limiti fisici, ma esistono le classi mediche per questo! Tutto dall’altro lato.

Marichasana 3; marichasana 4

collage4Pasasana a destra, il tronco incollato alla gamba. Malasana: testa giù. Ora usate la cintura se avete bisogno e agganciate le dita dietro alla vita; poi mani giù e direttamente in Bakasana!! Fatelo!! Non pensate!! Dovete abbandonarvi alla pratica, non ai pensieri! Diversamente sentite solo lo sforzo, e non lo sforzo-senza-sforzo…Asana e Pranayama servono a questo, si puà raggiungere kaivalya con la pratica intensa, ma la pratica di asana e pranayama sono per la capacità di abbandonarsi. Capito? Siete giovani, in buona salute lo dovete fare, se no, perché praticare yoga? Per il corpo?? Altro lato, Pasasana, Malasana, Bakasana. Attenzione alle azioni: Marichasana non è come ardha malasana? Per ruotare il braccio dovete allungare prima il bicipite poi il tricipite, tenendo le scapole in dentro. Dovete rendere il corpo grossolano modellabile come l’argilla, per portare il respiro ovunque. Gli asana sono preparatori al pranayama, non è vero? Con il pranayama avete accesso a diverse parti del corpo, ma occorre che il corpo sia pronto. La mancanza di salute, la vecchiaia, le malattie sono un problema, ma voi non avete questo problema. Ci sono i supporti, al limite ci sono le classi mediche. Bisogna portare l’ego alla condizione di sforzo-senza-sforzo. Ogni asana deve insegnare questo. Dovete aiutare voi stessi, aiutare gli altri. Andate ad aiutare alle classi mediche! Dovete mostrare compassione, non egoismo.

Malasana, costole in dentro! Costole che scavano nella schiena. Nessuno spazio tra cosce e torace. Bakasana, la parte alta delle braccia deve continuare a premere contro il torace. Come si aiuta ad eseguire queste posizioni? Come si insegna l’azione? Non bisogna mai perdere il contatto tra la coscia, l’ascella e la parte alta delle braccia e nello stesso tempo spingere le scapole in dentro. Il certificato è solo il punto di partenza, poi bisogna imparare ad aiutare gli altri, ad insegnare.

Questa è la base per proseguire, le azioni delle posizioni in avanti e torsioni per imparare eka pada sirsasana, yoga nidrasana ecc.

Uttanasana, AMS, Urdhva Mukha Svanasana, AMS, Uttanasana, urdhva hastasana, paschima namaskarasana (occhi chiusi).

(Questa lezione è stata tenuta da Geetaji al RIMYI  sabato 9 giugno 2018; gli appunti sono ricavati dalla registrazione disponibile presso l’Istituto)

Invocazione a Patanjali

“Rendo onore a Patanjali, il più nobile dei saggi, che ci ha donato lo yoga per la serenità della mente, la grammatica per la purezza della lingua e la medicina per la salute perfetta del corpo.  Mi inchino a Patanjali, la cui parte superiore del corpo ha forma umana, le cui braccia tengono una spada, un disco e una conchiglia, ed è incoronato dal cobra con mille teste. O incarnazione di Adisesa, il mio saluto va a te”

Yogena cittasya padena vacam Malam sarirasyaca vaidyakena Yopakarottam prvaram muninam Patanjalim pranjaliranato’smi

Abahu purusakaram Sankha cakrasi dharinam Sahasra sirasam svetam Pranamami Patanjalim

Hari Hey Om”

Cantare qualcosa che non si comprende fa uno strano effetto. A volte stimola la curiosità; ma può anche suscitare un po’ di irritazione. Quando poi si impara l’invocazione, la si ripete con piacere e con devozione. Tuttavia, il sanscrito non è la nostra lingua e pochi sanno davvero che cosa stanno cantando.

cadf0f7d2cd7e183d4d85a9ba5866607--patanjali-yoga-mindfulness

Patanjali è una figura leggendaria, il compilatore degli Yoga Sutra, un testo breve e denso di 196 aforismi, forse risalente al II-IV secolo d.C. (la scrittura; ma il testo è probabilmente più antico).  Questo testo ha avuto molti commenti nell’antichità, poi è stato un po’ dimenticato durante il periodo coloniale; negli ultimi anni è ritornato molto popolare perché tanti occidentali studiano yoga, così si sono moltiplicati gli studi e le traduzioni.  La comunità di  studenti di yoga di BKS Iyengar ha assunto l’abitudine di cantare questo mantra prima della lezione. Il mantra risale forse all’XI secolo, quando uno studioso degli Yoga Sutra, Bhoja, cercò qualche informazione “storica” su Patanjali, riconnettendo alla stessa figura un grande trattato di grammatica della lingua sanscrita.

In sanscrito, Pata significa cadere o caduto, e anjali offerta. Secondo la leggenda, Patanjali è reincarnazione di Adisesa, il Signore dei serpenti  e giaciglio di Visnu e quindi nel mantra prende gli attributi di Visnu: la ruota, la spada, la conchiglia. La descrizione di Patanjali ha lo scopo di suscitare la devozione, descrivendo l’aspetto della divinità, rievocandone l’immagine. Purtroppo, se non si capiscono le parole, questo non avviene. Per la spiegazione dell’invocazione parola per parola, vi invito a leggere questo interessantissimo studio, completo della traduzione (in inglese) di Geetaji Iyengar.

Invece per la pronuncia, vale soltanto l’esercizio. Questa è l’invocazione cantata da Geetaji:

Buona pratica!

 

 

Sunitaji: mettere in relazione il bacino e la colonna nelle estensioni indietro

Questi sono appunti tratti dalla registrazione di una lezione tenuta da Sunitaji al RIMYI  (gennaio 2016)

Invocazione

adho mukha virasana, radice delle cosce giù, tronco allungato, ascelle che si estendono. Osservare come si crea spazio nel torace mentre di ammorbidiscono gli inguini.

uttanasana. piedi separati, estendere l’addome, toraciche concave. Se non si sente l’addome esteso in avanti, aumentare la distanza tra i piedi. Esattamente dalla radice delle cosce che ruota in dentro si deve capire l’estensione del tronco.  Piegare i gomiti, testa giù. Più l’interno della gamba sale, più il tronco scende.

IMG_5143utthita trikonasana.  In tadasana, i piedi spingono verso il basso, l’interno delle cosce sale verso l’alto. Divaricare. La gamba destra deve ruotare completamente e la natica destra deve andare in avanti; di qui ruotare la natica sinistra in direzione opposta. Dalla radice delle cosce, estendere il torace a destra, orizzontalmente. Il tronco deve ruotare da destra a sinistra. Sinistra. Spingere la radice delle cosce negli acetaboli e di lì estendete il torace, portando l’osso pubico verso la cresta iliaca sinistra.

Sedete in virasana. Chi non è venuto per ascoltare la lezione può andare a casa!

utthita parsvakonasana. Quando ruotate la gamba, la natica va indietro, invece deve rimanere in avanti. Se fate solo finta di fare le azioni, non avviene niente.  Se non so dove sta andando la mia natica, non posso capire la posizione.  Occorre spingere l’ischio in avanti! verso l’osso pubico! Le gambe devono ruotare verso l’esterno, lontano una dall’altra. Di lì la radice della coscia deve scendere e il tronco deve salire. Poi l’osso pubico deve andare verso la gamba dietro. Tadasana. Inspirare e espirare. Spingere gli ischi verso l’osso pubico. A sinistra. Per fare parsvakonasana, prima bisogna capire come sollevare il tronco, dalla radice della coscia, non dall’ascella.  Una seconda volta. Osservate la rotazione delle cosce. Non abbassate la testa, altrimenti le natiche vanno indietro. Prima ruotate le cosce, poi abbassate la radice della coscia. Così si estende il torace. Sinistra.

IMG_5144ardha chandrasana. Stessa azione: la natica deve andare in avanti e l’osso pubico muovere nella direzione opposta.  Trikonasana, muovere la gamba davanti nell’acetabolo, piegare la gamba davanti, portare la gamba dietro più vicino. Ora la gamba sotto è piegata, ma la coscia sale verso l’acetabolo mentre la gamba si stira. Separate il vostro corpo, i due lati fanno un lavoro diverso. Dovete capire la connessione tra le gambe e il tronco. Sinistra. Da trikonasana, quando piegate la gamba, rimanete concentrati, controllate il corpo, controllate il respiro. Portando la radice della coscia sinistra nell’acetabolo, capite come si deve estendere il torace.

virabadrasana 3.  L’azione è sempre la medesima: dalle gambe estendere il tronco. Le gambe sono il fulcro, come nelle posizioni precedenti, quindi non c’è da preoccuparsi (ride). Tutta la regione pelvica deve ruotare, gli ischi in giù e in avanti, l’osso pubico verso l’alto e così il tronco si estende verso l’alto. Dovete sentire questa lunghezza, e portarla in vira 3.  Mentre stirate la gamba sotto, dovete alzare l’acetabolo, sentire la coscia all’interno. Sollevare le ascelle. Tornare in vira 1. Sinistra. L’osso pubico deve continuare ad andare in avanti e verso l’alto, ma in vira 3 deve andare in avanti. I fianchi paralleli tra loro.  Avete sentito la vostra lunghezza?

prasarita padottanasana

IMG_5146sirsasana. Sollevare i lati del tronco, portare le natiche in dentro. Estendere il lato interno delle gambe. L’interno del corpo si deve sollevare come l’esterno del corpo.  Se fate tanta fatica è perché l’interno del corpo non segue, cade verso il basso. Tenere il viso morbido, la pelle morbida, osservare il respiro. Estendere l’interno delle caviglie. Portare il dietro del corpo più vicino al davanti, connettere il dietro con il davanti. Alzare di più le scapole. Interno delle cosce indietro. Virasana, piegare le gambe, natiche in dentro, osso pubico in alto. Scendere.

baradvajasana. Radice delle cosce giù, i lati del  tronco si allungano in su. Se ruotate a destra, il lato sinistro del tronco deve andare lontano dalla colonna, invece il lato destro del torace deve andare lontano dallo sterno. Occorre creare spazio.

IMG_5147Ustrasana. Stessa azione di baradvajasana. Mettere peso sui polpacci e sollevare il torace.  Muovere i polpacci dall’interno all’esterno. Allungare i metatarsi verso le dita. Mettere le mani sulle natiche e spingere avanti e giù le natiche. Poi mettere le mani sui piedi e sollevare di più le ascelle. Mettere tutto il palmo sui piedi e sollevare le cosce e e le ascelle.  C’è sempre qualche timore a allungare indietro, c’è dualità, tra il corpo e la mente. Bisogna mantenere le connessioni, avete imparato a portare lo sguardo in alto in vira 1. Ora testa indietro giù e osso pubico su, sollevare l’interno del corpo come in sirsasana.

urdhva dhanurasana.  Piegare le gambe vicino al bacino, estendere le ascelle, mani vicino alle spalle. Espirare e salire. Il corpo dovrebbe essere pronto. Tornare.  Tre volte. Le braccia devono essere perpendicolari al pavimento per dare libertà al corpo. Dovete capire da voi se camminare indietro con i piedi o no, avanti con le mani. Quando sono perpendicolari, le spalle devono andare su, le scapole su.  In questa posizione si spinge il corpo verso l’alto con le mani, sì o no? Spingere su le spalle con le mani, le scapole con le spalle. Ora sollevate i talloni per trovare più spazio e camminate indietro per sollevare il corpo di più. Gli alluci devono ruotare in dentro. Dovete sentire l’addome che si estende, come un tamburo (ride), lo diceva anche Guruji in Light On Yoga.

Da urdhva dhanurasana, viparita dandasana. Sollevare i talloni, sollevare il corpo, trovare la distanza, guardare giù, dove c’è lo sguardo dovete mettere la cima della testa. Intrecciare le dita e spalancare le ascelle, le spalle verso le scapole e alzare le cosce! Ora togliere le mani e andare in urdhva dhanurasana. Di nuovo. Dovete alzare il corpo prima di muovere le mani.  Ora spingete i talloni e alzate le dita dei piedi.

ekapada viparita dandasana. Da urdhva dhanurasana, viparita dandasana, poi unire le gambe e sollevare il bacino, piegare una gamba verso il torace, stendere la gamba in  ekapada viparita dandasana. L’altro lato, urdhva dhanurasana e scendere. Qualcuno confonde la destra e la sinistra in questa posizione. Dire “non sono capace” senza nemmeno aver provato è avydia, ignoranza, è un klesa, un ostacolo, al percorso dello yoga.

baradvajasana. Nella rotazione, sentite i muscoli della colonna che si allontanano dalla colonna

Utthita trikonasana. E’ migliore di quello dell’inizio della pratica? Da domani iniziate di qui (ride). Ripetere senza distrazioni e con cura la sequenza iniziale

Utthita parsvakonasana

ardha chandrasana

virabadrasana 3

IMG_5148-1

uttanasana

halasana, karnapidasana (senza supporto)

savasana

 

Geetaji: mantenere la mente vigile nella pratica

Questa lezione è stata tenuta da Geetaji nell’agosto 2012

Swastikasana. Invocazione. Chiudete lentamente gli occhi e portate le pupille indietro. Controllare le oscillazioni del corpo, grandi e piccole. Se il corpo è stabile, usate la maturità della vostra pratica per portare l’attenzione nel centro del cuore.

adho mukha virasana. Lo sterno va in avanti ma la colonna va in dentro, i muscoli dorsali in dentro. I due lati del torace si allungano e vanno indietro e verso l’alto per portare dentro la colonna e fare spazio nel torace. La parte alta delle braccia tra le orecchie. I lati del torace non devono andare in avanti, la posizione è “in avanti” ma quello che deve andare in avanti è solo lo sterno, i due lati del torace devono andare indietro. Mantenendo questa azione dei due lati del torace andare in adho mukha svanasana. Non permettete ai due lati del torace di scendere.

urdhva hastasana. Stessa azione. Portate la parte alta delle braccia tra le orecchie.  Il lato interno delle scapole va in dentro e si allarga.  Questa azione si deve imprimere dentro di voi, non semplicemente eseguire le posizione. Cosce indietro. Dovete essere onesti con voi stessi. Se state imparando, dovete sentire qualcosa di nuovo.  La vostra attenzione deve essere rivolta a osservare se qualcosa cambia, perché il corpo è abituato a fare le cose sempre nello stesso modo. A volte voi notate qualcosa di nuovo  e ne parlate solo se vi fa male. Ognuno ha dei limiti fisici, ma quello che studiamo con lo yoga è la capacità della mente.  Estendere le braccia in avanti e mantenere l’azione, portare le mani a terra e camminare indietro per adho mukha svanasana. Mantenendo l’azione delle braccia e dei due lati del torace, camminare indietro, ma spingere i talloni a terra e le caviglie indietro. Il lato interno della caviglia sale, l’esterno preme a terra. Aprire il dietro delle ginocchia, aprire il retro delle cosce. Stirare semplicemente le gambe è da principiante.

utthita trikonasana a destra.  Ruotare la gamba davanti, il piede dietro. I femori devono rimanere verso l’interno della gamba. Per andare in posizione, sollevare i due lati dell’osso pubico, sollevare l’ombelico e mantenendo questa altezza dell’addome andare in trikonasana.  La spalla destra in avanti, sentire l’allineamento della nuca indietro. Se la mente dorme,  la testa va in avanti. Nello yoga, la mente non deve mai dormire.  Mantenendo l’ombelico verso l’alto, la mente non si addormenta. Sentite la differenza?

img_20180331_134953.jpgTutti seduti in virasana. Dormire è una cosa normale, tutti hanno bisogno di dormire di notte. C’è bisogno di un buon sonno, per lavorare il giorno dopo.  Ma ora siamo di giorno e abbiamo una lezione che dura solo due ore, eppure la mente è pigra. Il corpo non è pigro, si vuole muovere.  Per la mente, vagare è la normalità, la mente si ribella quando si deve fermare. Se dovete stare un minuto in trikonasana, che cosa fate? La domanda è per la mente, non per il corpo. I principianti si guardano intorno in continuazione, e così gli insegnanti invitano sempre a portare l’attenzione nei punti del corpo. Se portate su i lati del torace in adho mukha virasana c’è un cambiamento nella posizione, un cambiamento nella mente. Il lavoro si esegue al di sotto della posizione, della sua esecuzione materiale, a un livello più sottile.

Utthita trikonasana. Se mantenete l’azione, la mente resta vigile. Se andate in trikonasana tenendo le spalle indietro, la mente resta sveglia. Mantenete, dall’inizio alla fine, i lati interni delle scapole dentro.  Se non sapete mantenere un’azione, la mente continua a vagare. Per questo, gli asana vengono prima del pranayama.

utthita parsvakonasana. Sollevare l’ombelico e mantenere l’azione andando in parvakonasana. Sentite la stessa azione di adho mukha svanasana? I due lati del torace, mentre lo sterno sale, vanno indietro. Così la mente non si addormenta.  Portare il braccio sopra l’orecchio, come in adho mukha virasana. Sentite l’azione nel torace, nei due lati del torace? Sono come due fiumi che scorrono.

virabhadrasana 1. Qui l’azione dei due lati del torace è indispensabile e la consapevolezza deve essere più forte.  Da utthita hasta padasana, sollevare i due lati dell’osso pubico, i due lati dell’ombelico. Ruotare una gamba verso l’interno e l’altra verso l’esterno. Cosa è successo all’addome? Le braccia non fanno urdhva hastasana, fanno adho mukha svanasana. Il centro delle natiche deve andare in dentro, e l’addome si solleva. Ai principianti si spiega cosa  fare per eseguire virabhadrasana 1 e 2, la differenza tra le due posizioni. Ma voi, non dovete pensare a questo,  dovete pensare che la mente resta focalizzata sull’azione, dall’inizio alla fine.  A sinistra. Da utthita hasta padasana, ruotate le mani verso l’alto, i bicipiti e i tricipiti. La spalle, le scapole fanno adho mukha svanasana. Braccia su, tra le orecchie. Mantenendo questa azione, ruotate un piede verso l’interno l’altra gamba verso l’esterno. Le braccia, le spalle, continuano a fare adho mukha svanasana.  Ora, mantenendo queste azioni e portando l’ombelico su e il centro delle natiche in dentro, piegate la gamba.

upavishta konasana. I lati dell’ombelico su. Le scapole in dentro, la colonna in dentro. Le posizioni sedute, upavisthta sthiti, servono a sollevare il torace senza affaticare il cervello. Riposate il cervello. Il cervello qui riceve i risultati dell’azione che fa il corpo.  Osservate i risultati dell’azione. Non guardate in giro.  Viso rilassato, cervello rilassato.

Baddha konasana. Mantenere sollevati i due lati dell’ombelico, afferrare i piedi con le mani e portare le scapole in dentro. Sciogliere le mani, portare le dita ai lati delle natiche, sollevare le natiche leggermente, portare le cosce giù, riabbassare le natiche senza abbassare l’ombelico.

padmasana. Chi non può fare padmasana, fa ardha padmasana, chi non può fare nemmeno questo, swastikasana.  Chi fa padmasana non deve lasciare il ginocchio in aria, deve mantenere l’azione dell’addome su e portare giù il ginocchio. Parvatasana, Azione di adho mukha svanasana

adho mukha svanasana

baddha konasana e andare in avanti. Tenere i due lati del tappetino per mantenere l’estensione.

sirsasana. Salire nella posizione. Aprire le ascelle, azione di adho mukha svanasana. Il centro delle natiche in dentro, estendere le gambe. Premere il lato esterno delle mani e dei polsi a terra, sentire l’incrocio delle dita e portare le tibie in dietro. C’è una forte connessione tra le dita delle mani e le tibie, osservate questo.  Se vi accontentate di stare su, con le mani e le dita in uno stato di torpore, non potete portare l’azione alle gambe. Se spingete le mani a terra, la mente non può vagare e le tibie non cadono in avanti. Sollevare la parte alta delle braccia. Guardate dritto, al livello degli occhi.

adho mukha virasana

IMG_20180331_135105virasana, parvatasana, parsva virasana

baradvajasana, i muscoli dei polpacci devono ruotare verso l’interno come in samasthiti. La presa delle mani insegna come muovere le costole.  In tutte le torsioni, ci sono le azioni delle torsioni ma anche delle posizioni indietro.

paschimottanasana. Se gli inguini sono rigidi, occorre separare le gambe. Divaricare le gambe in upavista konasana e andare in avanti con i due lati dell’ombelico.

sarvangasana. Da chatuspadasana, andare in halasana, stendere indietro le braccia. Portare il torace in avanti, l’azione delle posizioni precedenti.

savasana, gambe incrociate in swastikasana, poi rilassare le gambe

 

 

Sunitaji: Comprendere il luogo (deśa) e la direzione nelle posizioni capovolte

Questa è una lezione tenuta da Sunitaji il 16 gennaio 2016 presso il RIMYI.  Sunitaji ha scelto come tema l’orientarsi nello spazio mantenendo il proprio centro, soprattutto nelle posizioni capovolte. Molto originale la sequenza delle variazioni di sarvangasana! La curiosità per il termine desha mi ha indotto a cercare dove ricorre questa parola  negli Yoga Sutra, dove viene citata a proposito del pranayama e di dharana.

Deśa-bandhaś cittasya-dhāraṇā (YS, III, 1)

La concentrazione è il fermarsi della mente su un punto [o una zona all’interno del corpo o all’esterno del corpo]

Bāhya ābhyantara stambha vṛttiḩ deśa kāla sakhyābhi paridṛṣṭaḩ dīrgha sūkṣmaḩ (YS, II, 50)

Il pranayama ha tre movimenti: inspirazione, espirazione, ritenzione [del respiro]. Sono  regolati con precisione a seconda del luogo e durata.

Questa la sequenza insegnata da Sunitaji:

Adho mukha virasana

Uttanasana (tenere i gomiti). L’interno delle gambe sale, il tronco scende.

Adho mukha svanasana. Tibie indietro, cosce indietro. La parte superiore dello sterno deve andare verso le gambe.

Uttanasana, poi stirare le braccia e concavare la schiena.

Adho mukha vrchasana, ruotare le cosce in dentro, talloni verso il soffitto.

Uttanasana, piedi uniti, alluci uniti. Allargare le spalle. Cosce in dentro, aprire il retro delle gambe in modo che il davanti e il dietro delle gambe siano parallele.

Adho mukha svanasana. Sollevare i lati del tronco, sollevare il torace, soprattutto le costole fluttuanti. Muovere dalle ascelle alle gambe capire la distanza tra le ascelle e i piedi.

Prasarita padottanasana. Equilibrare il peso tra i lati esterni dei piedi.

Adho mukha vrchasana. Osservare le spalle. Ruotare le cosce in dentro e sollevare la parte posteriore della coscia. Allungare la parte interna delle braccia, le ascelle non devono diventare corte, dalle costole estendere le ascelle. La parte superiore delle scapole verso il torace.

Sirsasana. Gomiti sul margine del tappetino ripiegato, e poi non si devono più spostare. Sollevare ginocchia e spalle. Le dita delle mani devono essere estese orizzontalmente ma perpendicolari al pavimento. In posizione, sollevare l’interno delle braccia in su e in avanti. Aprire orizzontalmente le spalle, sollevare il tronco e ruotare le cosce in dentro.  La parte interna delle cosce indietro, la rotula guarda in avanti e allargare la pelle dal centro della rotula, questo apre l’interno del ginocchio. La parte interna delle caviglie parallela. Aprire la pianta dei piedi, la pelle del tallone indietro, la pelle della base delle dita in avanti per aprire il centro. Usare il muro per sentire queste azioni, il muro è il vostro guru. Parsva sirsasana a destra, la sinistra deve ruotare sulla destra. Cercare di capire cosa fa il lato destro, cosa fa il lato sinistro. Girare a sinistra, la destra deve ruotare sulla sinistra. Parsvaikapada Sirsasana: una gamba di lato, il tronco dritto.

Come fate a decidere quale è la vostra mano destra e mano sinistra? Prima di imparare a scrivere sapevate quale è la mano destra e quale la sinistra? Forse non ricordate, ma la risposta è no. Molti bambini usano indifferentemente la destra e la sinistra.

Utthita Trikonasana, verso destra. Occorre essere connessi per decidere quale è il lato destro e sinistro. Nessun dubbio vuol dire rimanere al centro. Ma noi abbiamo dubbi. Magari copiate l’insegnante, eseguite a destra, a sinistra, senza essere connessi con voi stessi.  L’insegnante esegue a specchio, ma se si sbaglia tutti gli allievi restano confusi. Restano confusi anche se si inizia con la sinistra invece che con la destra.  Occorre che il sé resti connesso con il corpo. Quando eseguite a destra, cosa fa il lato sinistro? Andare in trikonasana a destra. Cosa sta facendo il lato destro? Cosa sta facendo il lato sinistro? Deśa è lo spazio e voi dovete sapere che cosa accade. Quando eseguivate parsva sirsasana a destra, non potevate dimenticare il lato sinistro.  Se non capite nelle posizioni in piedi, impossibile capire nelle posizioni capovolte. Alcuni insegnanti dicono: andate a destra, ma ruotate il torace a sinistra.  In realtà occorre essere connessi con sé, dall’inizio alla fine della posizione. Non è la destra, non è la sinistra, è deśa. 

Utthita Parsvakonasana Dalla stabilità dei piedi occorre trovare lo spazio e dentro di sé il luogo. Libertà nell’aprire la pelle. Rimanere connessi, non c’è lato destro e sinistro. Ci sono persone che pensano al lato destro e sinistro ascoltando delle convenzioni, come l’uso della mano destra e sinistra. Non è il modo di rimanere connessi questo.

Paschimottanasana

Salamba Sarvangasana siete sicuri di dov’è il lato destro e sinistro? andare in chatuspadana per fissare bene le spalle. Ruotare le spalle e ruotare  le braccia verso l’esterno. Quando le spalle sono stabili andate in halasana. Palmi delle mani in su per continuare la rotazione delle braccia. Cintura appena sopra i gomiti. Ora premete i gomiti e ruotare ancora la parte alta delle braccia. Salite in sarvangasana. La parte alta delle braccia si deve fondare al pavimento. Parte dell’energia deve servire a premere le spalle e parte a salire in sarvangasana. I due lati del torace salgono e si estendono. Considerate il lato destro e sinistro, c’è differenza? Tenere i due lati delle creste iliache paralleli tra loro. Per capire lo spazio dovete capire le direzioni: destra e sinistra, basso, alto, parallelo, perpendicolare. La carne deve andare verso le ossa, lontano dalla pelle.  Questo si impara mettendo un mattone tra le gambe. Aprite il resto delle ginocchia, qui la carne va verso la pelle.

Ekapada saravangasana a destra. La gamba destra scende e va davanti all’occhio destro, ma le ossa del bacino restano parallele. Però deve essere contemporaneamente “ricevuta” dal corpo perché la gamba più scende, più entra profondamente nell’acetabolo. Quando si risale, dovete capire, cosa succede al tronco? Ripetere dall’altro lato.

Halasana, parsva halasana. Il tronco è in halasana, le gambe sono in parsva halasana. Le dita devono premere al suolo (dig!) e le cosce devono essere sollevate. Ora sollevate la gamba sinistra per riportarla in sarvangasana, parsvaikapada sarvangasana. Una gamba fa parsva halasana, una fa sarvangasana, il tronco è dritto.  Ritornare in parsva halasana e halasana. Ripetere dal lato opposto.

karnapidasana

ripetere: halasana, sarvangasana, halasana, parsva halasana, parsvaikapada sarvangasana, parsva halasana, halasana. Poi tutto dall’altro lato. Dovete mantenere il centro e capire come fare a mantenere le direzioni. Questa è la connessione tra le diverse parti del corpo.

Setubanda Sarvangasana. Rilassare le guance, gli occhi. Osservare il respiro, lunghe espirazioni.

Supta badda konasana

Mantenere il cervello passivo nel pranayama e in savasana

(puntata precedente) La radice del naso è un punto da osservare con cura durante il pranayama.  Anche i lati del naso, verso le guance, sono punti chiave, perché rivelano se il cervello è completamente passivo. Nel momento in cui globi oculari, radice del naso e guance tendono a salire, questo significa che il cervello non è passivo.  Osservate la punta superiore dello sterno, questo è il “cervello” nel pranayama.  Non create rigidità in questo punto.

Quando si porta la testa giù, l’arroganza si posiziona nella parte alta delle scapole.  Occorre connettere la parte alta della schiena con la parte bassa della schiena che muove verso il pavimento.  Sentite gli ischi, per aggiustare gli ischi muovete il cingolo pelvico, non il torace.  Lo spazio tra il perineo e i muscoli dei glutei deve essere uguale. Muovete il perineo in avanti.  Provare, ujjyai per 5 minuti in questo modo. Chiudete gli occhi, testa giù. Gli occhi vanno verso gli zigomi. Quando inspirate, non muovete gli occhi, non muovete la pelle. La parte superiore dello sterno non sale, si apre orizzontalmente. Quando espirate invece, dovete alzare più in alto i due lati dello sterno. Nell’espirazione, dalla periferia occorre raggiungere l’etere.  Gli occhi rientrano più profondamente.

Nel prossimo ciclo osservare il rapporto tra lo sterno e il perineo durante l’inspirazione. Alla fine dell’inspirazione, le clavicole si aprono come in sirsasana e durante l’espirazione il lato superiore delle clavicole resta alto e connesso con la colonna.  Lo spazio sotto le clavicole non si deve afflosciare, chiudere. L’intelligenza deve raggiungere lo spazio interno. Per ottenere questo, durante l’espirazione, l’osso pubico non deve inclinarsi verso il basso.

Nel prossimo ciclo, inspirando osservare la punta superiore dello sterno, si deve muovere come in ustrasana.  Dalla colonna cervicale è come se si muovesse un ago che solleva la punta superiore dello sterno. Quindi non lasciate che la colonna cervicale diventi egoista, arrogante. Nell’espirazione, il suono scompare lasciando il silenzio dello spazio interno.

Nel prossimo ciclo, osservate la vibrazione che è la caratteristica dell’etere. Quindi  inspirando sentite l’aria, l’acqua e lentamente proseguite fino a quando raggiungete la terra.  Non bloccate l’interno dell’orecchio nell’inspirazione: se questo avviene, significa che il cervello è rigido. Mantenere l’interno dell’orecchio più sottile possibile. Quando espirate, osservate attentamente i lati esterni del diaframma, devono andare verso il centro e raggiungere l’etere senza che la sagoma del corpo si afflosci o si modifichi. La parte alta del torace, nell’espirazione, fa tadasana.  Non lasciate che prevalga la prepotenza della parte posteriore, delle spalle. Il dietro va aggiustato dalle clavicole che restano parallele.

Se riuscite a mantenere la stabilità delle radici, potete migliorare; altrimenti, il vostro corpo si inclina all’indietro e nemmeno vi accorgete.  Mantenete la connessione tra il coccige e i due lati del torace.  La pesantezza si può sentire nella parte alta del torace, sia che siate seduti diritti che no. Muovete alll’interno la colonna cervicale e toracica e sollevate i due lati del torace.  La colonna cervicale va verso le clavicole e ammorbidisce la pelle, la massaggia.

Mantenete la radice della lingua all’interno, senza disturbare la gola, per mantenere la purezza del respiro. Dal prossimo ciclo, durante l’inspirazione, osservare la pelle dell’ascella, non deve essere costretta.  La pelle del lato interno delle braccia deve continuare a ruotare in avanti, non deve scendere. Quando eseguite il pranayama, anche gli occhi si muovono verso i polmoni, l’occhio destro e l’occhio sinistro vanno ad osservare il polmone destro e sinistro. In particolare, quando si espira, l’osservazione è più evidente. Equilibrare. Come ha detto Prashant, il sentire è equanime. Non c’è indirizzo.

Ora rialzate la testa. Come sentite le tempie? Sono pesanti, o non si avvertono? Se sono pesanti c’è ancora qualcosa di sbagliato. Come sentite la gola? Il lato sinistro, il lato destro della gola? Se li sentite diversi, la testa non era perfettamente dritta. Dovete andare dal generale al particolare e chiedervi perché c’è libertà in un punto e non nell’altro.

Savasana. Imparare questo modo di osservare è la cosa più difficile, occorre essere maestri e allievi allo stesso tempo.  Bisogna sincronizzare ciò che state facendo e ciò che state imparando. Rilassate gli occhi, gli inguini, in modo che il respiro segua gli occhi. Portate i muscoli dei due lati della schiena paralleli. I lati esterni dell’osso sacro devono toccare terra, così tutta la colonna si rilassa. Anche in savasana, la colonna toracica deve muovere in dentro, tutta la pelle della schiena parallela al pavimento.  Osservare le scapole, come dicevo prima, questa è la parte prepotente, la pelle delle scapole non deve andare verso il collo, ma allargarsi parallela al pavimento. Osservare la pelle delle ascelle, piegate i gomiti, allungate la pelle dell’ascella verso i gomiti, poi stendete le braccia di nuovo. Ora portare l’attenzione sul respiro, semplici inspirazioni e espirazioni e verificare se c’è libertà nei due lati del torace. Ruotare la parte esterna delle braccia verso il basso, e quindi il lato interno dei polsi verso l’alto. Ora inspirare, osservare i pollici e i polsi, devono rimanere passivi e rilassati. Dovete esplorare tutte le possibilità per eseguire l’azione corretta. Osservare di nuovo gli occhi, sono vicino alle guance o al cervello? Se gli occhi salgono verso il cervello, non state facendo savasana per niente. Se gli occhi sono davvero passivi, scendono verso gli zigomi, il cervello è passivo ed è savasana.

 

Costruire la posizione per il Pranayama

(puntata precedente)

Nella posizione seduta per il pranayama, come negli asana, occorre costruire la base. Nel momento in cui la stabilità è disturbata, anche i cinque elementi sono disturbati. Posizione seduta, schiena diritta. Quando iniziate l’inspirazione, non dovete spingere il torace in avanti: questo è dimenticare tutti e cinque gli elementi e le relazioni tra loro ed  usare solo il fuoco. Se osservate il dietro del corpo, durante l’inspirazione non si deve notare alcun disturbo. L’osso sacro spinge sulla terra, questa è la base, tadasana. Quando si esegue “tadasana” in posizione seduta, dal contatto con la terra si deve mantenere l’estensione dei lati del torace. La pelle non deve andare verso il muscolo, altrimenti la respirazione è costretta.

Osservate la posizione: come in tadasana, occorre andare indietro, verso il tallone dell’osso sacro. La parte anteriore dell’osso sacro è la pianta del piede, la parte posteriore è il tallone. Asana significa “mettersi in posizione”, quindi fate questo. Non dovete sentire il peso che scivola in avanti e nemmeno che si affloscia indietro. Immaginate di avere uno specchio davanti e uno dietro e di poterli osservare entrambi. Il davanti del torace  deve essere esattamente parallelo al muro di fronte. Dovete “riposizionare” continuamente la posizione, l’asana. Durante il pranayama, ogni spostamento cambia l’equilibrio tra l’energia del corpo e quella del respiro.

Sono un principiante e voglio imparare il pranayama, come si fa? Richiede tempo. Quando si inspira occorre vedere dove sono le costole fluttuanti e come si muovono, non devono assolutamente andare verso l’alto o in avanti.  Così osservate anche quale lato ha più forza. Occorre accompagnare l’energia del respiro senza prevalere, allargare la pelle per fare spazio. Quando si inspira, il respiro percorre direttamente il canale centrale fino al fondo dei polmoni, dove si divide in due bracci. Allargando il torace in questo punto, si lavora con l’elemento etere e con l’elemento aria.  Nel momento in cui il respiro comincia a salire, questo è l’elemento fuoco.

I due lati del torace continuano a fare “tadasana” e rimanere stabili ma morbidi in modo che si crei lo spazio per l’elemento etere, dal centro verso i lati. Se non si trova spazio attraverso l’elemento etere, gli altri elementi non servono. Quindi bisogna saper scoprire l’etere, lo spazio interno, e il modo con cui il respiro va dentro. Quando si espira, gradualmente il contatto con i lati del torace diventa più leggero e si va con l’attenzione al canale centrale.

Tadasana in piedi. Peso sui talloni. Sentire i lati esterni dell’osso pubico, la lunghezza, l’estensione. Non ci deve essere compressione, devono essere allineati. Ora sedete. Cosa succede all’osso pubico? E’ più corto. L’elemento dello spazio è compresso. Bisogna dunque creare spazio. Come si fa? Con la parte posteriore del bacino. Non ho detto di andare indietro. Rimanere seduti. Se l’energia muove dalle ginocchia verso il bacino non è necessario andare indietro. Quindi premete a terra la zona posteriore del bacino, il sacro coccige, tenendola perpendicolare a terra. Cosa succede alla parte superiore del torace? Si è creato spazio, anche le costole sono ora parallele, come il davanti e il dietro del bacino. Cosa succede alla schiena? Occorre creare due lune piene ai lati del torace, all’altezza delle costole fluttuanti, proprio all’estremità dei lati. Sentite esattamente questi punti. Quando inspirate, dovete sentire il respiro dal basso e dietro dei muscoli intercostali, di lì inizia l’espansione e l’ascensione del respiro. Non dovete seguire troppo alla lettera la scienza dell’anatomia e i suoi schemi. Secondo questa, contraendo il bicipite, si estende il tricipite: invece io li estendo entrambi….Ed è questo che dovete fare con i muscoli del tronco nel pranayama (ride…)

Quando inspirate, sentite la punta del coccige, è come un pendolo, un magnete, deve rimanere rivolto verso il basso. Aprite i due lati della parte bassa del torace (le due lune piene) e sentite il lato esterno del coccige che rimane giù, mentre il lato interno è mobile. La mobilità nel pranayama è nell’interno della colonna, l’esterno rimane stabile. Testa giù. La vostra attenzione deve essere completamente connessa con lo spazio alla base del torace. Sentite il davanti e il dietro del torace, le costole parallele. Occhi chiusi. Rendete gli occhi passivi, il cervello passivo. Le palpebre devono massaggiare i globi oculari per renderli tranquilli e farli andare indietro. La radice del naso giù. Mantenete gli occhi in uno stato pacifico durante l’inspirazione. La pelle deve essere rilassata. Quando inspirate, sentite la pelle alla radice del naso e verso la punta. Alla radice del naso la pelle diventa rigida, invece deve rimanere morbida e, inspirando, muoversi leggermente verso le tempie.  I lati del naso, la pelle delle guance, si deve dilatare. Il passaggio della respirazione ujjyai è tra i lati del naso e le guance. Provate, sentite. Nel momento in cui il capo è quieto, si attiva il cervello del pranayama, lo sterno.

Quando si porta la testa giù e si inizia il pranayama, c’è una parte che è arrogante, ed è lo spazio della schiena tra le scapole.  Occorre mettere in connessione quest’area con il sacro che resta rivolto a terra.  Non sedete mai in diagonale per il pranayama rispetto alle pareti della stanza. Lo spazio tra l’osso pubico e gli ischi deve avere al centro il perineo. Testa giù, muovendo soltanto le cervicali,  gli occhi si rilassano e scendono verso gli zigomi. Inspirate. Aprite la pelle dello sterno i due lati dello sterno si aprono orizzontalmente, come in tadasana. Quando espirate, lo sterno rimane su, in modo da farvi raggiungere l’etere, lo spazio nell’espirazione.

Questa è la base del pranayama. Senza base non si può progredire (continua)

(questi appunti sono dedotti dalla lezione sul pranayama tenuta da Guruji il 29 novembre 1993, nell’ambito delle cerimonie per festeggiare il suo 75esimo compleanno. Grazie a Daniela Rialdi che mi ha donato il DVD)

Il Pranayama e i cinque elementi

Ogni aspetto dello yoga, yama, nyama, asana, pranayama, pratihara, dhrana, dhyana, samadhi coopera per la nostra interiore evoluzione.

Asana significa posizione e ri-posizione, ovvero riflessione nell’azione, quando c’è riflessione, c’è una reazione. Per questo sono chiamati “asana”.

Quanto al pranayama, pensate alla bellezza di questa parola composta, “esercizio del respiro” è il significato letterale. Ayama significa estensione del respiro,  che alla fine vuol dire esercizio. Non bisogna accontentarsi del primo significato che ci dà il dizionario. Ogni parola ha più significati e occorre cercare quella che si adatta di più all’argomento di cui si sta parlando. Alcuni pensano che gli asana abbiano a che fare con il corpo fisico, mentre il pranayama  abbia  a che fare con qualcosa di spirituale, ma Patanjali usa il termine “esercizio”. Gli asana non sono “esercizio”, sono un “posizionarsi”.

Quando Patanjali usa questo termine “pranayama” cioè esercizio, pratica del “prana”, del respiro, intende dire che con il pranayama si sviluppa la capacità di utilizzare il respiro, esattamente quando e quanto serve. Per vostra informazione quindi, secondo Patanjali, “pranayama” significa “esercitare il respiro”, mentre per gli asana non ha utilizzato la stessa parola di “esercizio”, allora dobbiamo capire perché.

Ho parlato in precedenza dei cinque elementi. Il pranayama è anche regolazione della vostra intelligenza. Quando voi camminate, seguite un percorso lineare e non perdete l’equilibrio. Nel pranayama,  seguite i percorsi interni del respiro,   dovete osservare con la vostra intelligenza quali strade state percorrendo. Inspirando, dovete osservare quali delle strade interne state percorrendo e quali no, espirando lo stesso.  Questa è la regolazione del respiro, non seguire meccanicamente delle istruzioni. In questo sta  la differenza tra un praticante esperto e un principiante. Il praticante sa portare il respiro, attraverso le strade interne, fino alla destinazione. Quando si inspira si percorrono certe strade e quando si espira si percorrono esattamente le stesse, nella direzione contraria. Così potete capire quanta attenzione è necessaria per ogni inspirazione e ogni espirazione. E’ molto facile perdersi.

Prima dell’inspirazione, si espira. Perché si espira? Per raggiungere l’etere  interno, che è vuoto. Quindi nell’espirazione raggiungete lo spazio interno,  l’elemento etere. L’etere non ha confini: e questo significa che la vostra intelligenza si mette in comunicazione con l’elemento aria, che è più grossolana dello spazio puro, l’etere. L’elemento fuoco è più grossolano dell’aria, e l’acqua e la terra seguono nel processo. Quando espirate, assaggiate l’etere, che è completamente “sottile”, non si può afferrare (nemmeno con i sensi o con l’intelligenza).

Nel momento in cui iniziate ad inspirare, per un breve istante, non entrate in contatto con il vostro corpo, ma con questo vuoto. Questo è quello che insegno, ma voi dovete osservare.  Dal non essere in contatto, entrate in contatto: non siete voi che entrate in contatto, ma il secondo elemento, l’aria. Dal non toccare sperimentate il toccare. Da questo tocco nasce una piccola  forza, che è l’elemento fuoco. Dal fuoco, sentite l’umidità, nei polmoni, nel torace e poi la materia stessa che è terra. Quindi inspirando ed espirando dovete osservare e distinguere i cinque elementi, come emergono nell’inspirazione e come si ritirano nella espirazione.  Questo è pranayama, controllare i cinque elementi nella respirazione e questo si chiama “ayama”.

Quando raggiungete la fine dell’inspirazione, la terra è pesante, la sentite. Non dovete disturbarla, significa che siete arrivati alla fine dell’inspirazione. Quando espirate, espirate dall’elemento terra, all’elemento acqua –sentite il secco e l’umido- poi arrivate al fuoco, che sfuma nell’aria e nell’etere. Quindi nell’inspirazione andate dall’elemento più sottile al più grossolano e nella espirazione dal grossolano al sottile.

Questo è il motivo per cui l’ho chiamato bakti marga, devozione. Potete avvertire questi cinque elementi nell’inspirazione e espirazione soltanto quando la vostra mente è in uno stato di completo silenzio durante l’osservazione. Questo silenzio è segno che c’è qualcosa oltre i cinque elementi. Che cos’è? All’inizio dell’inspirazione, è la consapevolezza universale del respiro; alla fine, la consapevolezza individuale del respiro. Il mio torace è completamente “pieno”.

Nell’espirazione, tornate indietro, attraverso i cinque elementi,  dalla consapevolezza individuale alla consapevolezza universale. Quando raggiungete questa consapevolezza, tutti gli elementi sono silenziosi. Soltanto questo breve momento è l’immagine del divino. Nel kumbaka, è possibile, pur nell’ individualità, mantenere quel senso divino. La consapevolezza individuale si trasforma in consapevolezza universale. Non arriva subito. Bisogna praticare. Ma prima occorre osservare, come nell’inspirazione e espirazione si attraversino i cinque elementi, che sono tutti presenti nei percorsi interni del corpo.

Questo è quello che dovete fare per comprendere il pranayama (continua)

(questi appunti sono dedotti dalla lezione sul pranayama tenuta da Guruji il 29 novembre 1993, nell’ambito delle cerimonie per festeggiare il suo 75esimo compleanno. Grazie a Daniela Rialdi che mi ha donato il DVD)

bks-iyenger

 

 

Sviluppare tolleranza attraverso lo yoga

di Zubin Zarthoshtimanesh

Oggi che lo yoga è diventata un’industria miliardaria e che promette di correggere e migliorare qualsiasi aspetto dell’esistenza, dai problemi fisici alle conseguenze di stili di vita disordinati, è ancora più importante comprendere il suo vero  potenziale e vedere come sviluppare non soltanto la salute del corpo fisico, ma anche tolleranza e saggezza.

L’essere umano “sociale” è una creatura piuttosto tollerante (ndr: e il suo successo sul pianeta dipende proprio dalla sua adattabilità). Tutti noi sopportiamo parecchio nella vita, ma questo non significa che stiamo evolvendo. La tolleranza deve essere unita ad altre qualità come la pazienza, l’autocontrollo, la serenità, la calma, il perdono, la conoscenza, la determinazione e la compassione.

bhishma-ashtamiQuesto è spiegato dalla storia della vita di Bhisma, uno dei più popolari eroi della mitologia indiana. Voi conoscete l’incrollabile voto che Bhisma fece nel Mahabharata: decise che non si sarebbe mai sposato e alla fine rinunciò ai suoi diritti al trono del regno di Hastinapura. Chi conosce la storia sa bene che Bhisma non soltanto tollerò la sua vita così come si era votato a condurla, ma compì scrupolosamente ogni suo dovere. Anche nella Gita si ricorda che non dobbiamo essere legati ai risultati e ai frutti delle nostre azioni: la cosa più importante è che la qualità dei risultati o dei frutti non sia compromessa in alcun modo. Non essere attaccato ai frutti, e l’albero produrrà, con una incrollabile perseveranza, i frutti della qualità più alta.

Dobbiamo non soltanto imparare a tollerare, ma anche trasformare questo “sopportare” in modo tale che ci porti ad uno stato differente e più elevato. Sul letto di morte (un letto di frecce!) Bhisma recitò uno straordinario commentario sulla filosofia, la morte, la vita, che ci è pervenuto sotto il nome di Shanti Parva, il XII libro del Mahabharata. Quindi la sua tolleranza, lungi dal provocare amarezza,  lo portò all’evoluzione fino allo stato di sthitapragnya (ottenimento della più completa saggezza). Come sapete, anche noi siamo in grado di sopportare grandi dolori, però poi cosa succede subito dopo? Crolliamo  e alla prima occasione siamo capaci di esprimerci in modo supercritico, impaziente e offensivo.

Ci può essere un esempio più grande di Gesù Cristo? Non soltanto sopportò dolore fisico e umiliazione, ma si rifiutò di criticare i suoi aguzzini persino sulla croce: “Perdonali, Signore, perché non sanno quello che fanno!” .

Questo principio è molto importante per capire il concetto di tolleranza. Essenzialmente, alla fine una persona diventa intollerante perché “non sa”.  In altre parole, la conoscenza (jnana) è di grande importanza. Studiare per un esame è un tipo diverso di conoscenza rispetto alla conoscenza di vita. La conoscenza spirituale inizia dove termina l’educazione “ufficiale”. Nella vita, non è solo l’evoluzione intellettuale ma anche la conoscenza del cuore che rende le persone evolute, sensibili e consapevoli come esseri umani.  L’intelligenza delle emozioni è immortale, ampia e forte. L’intelligenza intellettuale (vitarka e vichara) cresce come l’albero delle noci di cocco: benché molto alto, non riesce a fare ombra a chi è sotto.  Invece l’intelligenza delle emozioni, essendo forte e grande, accoglie,  offre riparo, e aiuta molte persone con la compassione e l’amicizia. Ed è questa la ragione per cui, in tutte le le culture,  la tolleranza è definita come il punto di partenza per la spiritualità.

Il saggio Patanjali, che si dice sia vissuto 2000 anni fa, ha riassunto l’antica saggezza con l’emancipazione del sé nei 196 Yoga Sutra, letteralmente “fili” di saggezza logica.  Nella prima parte, Patanjali afferma “maitri, karuna, mudita, upekshanam sukha duhkha punya apunya visayanam bhavanatah citta prasadanam” (YS,  I, 33). In questo sutra, Patanjali elenca le qualità che occorre coltivare per sviluppare l’intelligenza del cuore: amicizia, compassione, contentezza, indifferenza. Queste qualità devono essere in equilibrio con lo sviluppo in verticale dell’intelligenza intellettuale, portata da vitarka, vicara, ananda e asmita (pensare analitico, ragione, felicità, senso dell’io). Quindi, la tolleranza, nella terminologia dello yoga, è la somma di:  amicizia, compassione, contentezza e indifferenza con il “senso dell’io”, che agisce da contrappeso. Patanjali ci insegna come evitare l’esaltazione dell’auto realizzazione –atma darshana- e come mostrare indifferenza per questo.

Tolleranza non è il semplice sopportare un nemico sgradevole; occorre gradualmente coltivare il sentimento con il quale le qualità ricordate possano sviluppare l’intelligenza delle emozioni per progredire nella consapevolezza del sé. Quindi inizialmente si svilupperà la tolleranza, ma gradualmente si dovranno sviluppare anche le qualità della compassione e della contentezza, in modo che la tolleranza e l’accettazione diventino la naturale condizione dell’essere.

La tolleranza può anche essere compresa attraverso i tre gunas. Limitarsi a tollerare qualcosa può essere tipico di tamas. Per esempio, molte persone dicono di tollerare il dolore, ma subito diventano sconfortate e di cattivo umore. Arriva la qualità di rajas: è come la madre che tollera il suo bambino, ma lo educa in modo molto severo per la sua educazione e sviluppo. Una natura “sattvica” consiste nel semplice continuare a vivere secondo il proprio dharma (disponibilità verso i propri doveri). Ma prima occorre trovare la propria strada e seguirla con costanza. Prendete cosa avvenne nel 1948, quando Gandhi intervenne nei disordini nella piccola città di Noakhali nel Bengala. Fu chiamata la polizia ma non riuscì a fermare la rivolta.  A quel punto Gandhi arrivò sul posto, era una situazione incontrollabile. Ma la sua sola presenza funzionò. Fu dichiarata la tregua subito e la pace continuò fino oltre alla sua morte. Quindi un santo non si limita a tollerare, ma sprigiona calma dal suo interno; così la tolleranza diventa una realtà anche per gli altri.

Coltivare la tolleranza attraverso le Yogasana

Le asana e il pranayma che impariamo e pratichiamo nello yoga hanno la potenzialità di sviluppare in voi qualità come la tolleranza, la pazienza, l’osservanza dei doveri e altre virtù. Ma il problema è che noi ci concentriamo solamente sull’obbiettivo dei benefici (fisici) degli asana. Per esempio, molti praticano yoga per perdere peso, per vincere la pigrizia, o per combattere il diabete. Ma rimanere in asana come Sirsasana o Halasana vi può aiutare a sviluppare capacità di sopportazione, calma e pazienza. Setubandha Sarvangasana non soltanto rigenera il cervello, ma vi regala quiete interiore. Infatti ogni pratica di purificazione, lavora attraverso i panchakosas.  Cosa sono i panchakosas? Secondo la filosofia yoga, siamo divisi in panchakosas, i cinque strati del séanamaya (corpo fisico), pranamaya (corpo energetico), manomaya (strato psicologico), vijnanamaya (strato dell’intelligenza) e infine  anandamaya (corpo di beatitudine).

Spesso la nostra pratica resta limitata a anamayakosa. La bellezza dello yoga e degli asana che pratichiamo ci danno modo di accedere ai livelli superiori della mente e delle emozioni attraverso ogni parte del corpo.  Qualcosa di molto fisico come lo stirare le ginocchia o l’aprire il torace con le posizioni indietro non ha solo un impatto fisico ma trasforma la vitalità della mente. Questo è il motivo per cui gli asana devono essere eseguiti in modo tale da integrare con piena consapevolezza il corpo, la mente, il respiro e i sensi.

Patanjali dice “Balesu hasti baladini,” (YS, III, 25), che significa che con il samyama, lo yoga svilupperà la resistenza fisica e la forza di un elefante. Come sapete, gli elefanti, oltre alle loro caratteristiche fisiche, sono riconosciuti per la loro memoria e tolleranza. La forza è di solito intesa dal punto di vista fisico, ma l’elefante è il perfetto simbolo anche della pazienza. Quindi, dobbiamo imparare a penetrare i nostri kosas attraverso la pratica yoga per acquisire forza e resistenza, da vari punti di vista.

Zubin Zarthoshtimanesh ha studiato sin da quando era ragazzo con BKS Iyengar. Ringrazio Zubin per aver consentito la traduzione. Questo articolo era stato pubblicato sul sito dell’Associazione Iyengar Yoga degli Stati Uniti. 

 

 

 

Un sito WordPress.com.

Su ↑