Muovere insieme respiro e consapevolezza

Sedete in swastikasana, preparatevi per il pranayama. Osservate la parte posteriore e anteriore del sacro coccige, devono essere perpendicolari a terra, allungati verticalmente come in tadasana. Dovete lavorare in modo tale che la parte anteriore del sacro coccige vada verso la parte posteriore. Mentre aggiustate, osservate la consapevolezza nel tronco. Quando il sacro è profondamente radicato, il torace si apre. E’ qualcosa di più sottile del lavoro sui muscoli e le ossa, che è il lavoro dei principianti. E’ la consapevolezza che si solleva e si espande, grazie all’apertura dei polmoni.  Se la consapevolezza non si solleva, come si può misurare la profondità? Provate ancora. E’ qualche cosa che ha a che fare con il senso del tatto, la consapevolezza “entra in contatto”, “tocca” i lati del torace, il volume del torace.  Come ho spiegato ieri, questa consapevolezza che sale appartiene all’elemento fuoco, che riempie con il suo calore i polmoni.

L’attenzione alla posizione in questo modo è essenziale quando si esegue kumbhaka. Provate. Inspirate e trattenete il respiro. Mentre trattenete dovete mantenere il coccige in basso, perché la consapevolezza si espanda. Dopo una inspirazione profonda cosa succede al centro della schiena? le costole centrali si espandono. La colonna continua a fare tadasana. Quando si espira, la struttura (“the frame”) resta la medesima, non viene disturbata; ad esempio, la gola non si abbassa, la pelle non si chiude. Nella inspirazione ed espirazione, dovete osservare con il senso del tatto. C’è un lato dei polmoni che si espande di più? Questo si corregge usando il tatto. Il tatto, la consapevolezza devono essere in contatto con i muscoli intercostali e con la forma della pelle. Il respiro e la consapevolezza si devono muovere insieme. Inspirando, occorre mantenere la consapevolezza sul bacino, l’osso pubico, il sacro; espirando, la consapevolezza è nella parte alta dello sterno e nella gola. Il punto di incontro sono le costole al centro della schiena. 

Quando iniziate l’inspirazione, gli inguini e l’addome devono essere morbidi e rilassati, non fare nulla. E’ difficile. Ma se non vi insegno come sentire, non potete capire. Quando inspirate, l’addome deve essere indietro, in contatto con l’osso pubico. Ogni struttura fisica ha i suoi problemi. Se non si può diventare l’imperatore del mondo, almeno cercate di diventare l’imperatore del vostro corpo (ride). Ma se non si riesce a tenere la schiena diritta e l’addome rilassato, è meglio continuare la pratica degli asana, prima di provare il pranayama.  Le natiche devono andare verso il perineo, le costole basse devono espandersi verso i lati; diversamente, il centro della schiena si svuota, diventa convesso, si perdono le connessioni e l’intelligenza.

Ora iniziamo. Rimanete in silenzio e osservate il lato frontale della colonna, il lato destro e il lato sinistro. La pelle è organo di conoscenza. Muovete la pelle verso il centro, verso la consapevolezza. Le costole fluttuanti devono essere parallele al pavimento, in ogni fase della respirazione. Prima di iniziare l’inspirazione, la consapevolezza deve andare alle costole fluttuanti. Quando iniziate l’inspirazione, dovete portare la consapevolezza ai lati del torace, destra e sinistra.  Sentite la pelle dietro al collo: se va indietro, c’è qualcosa di sbagliato nella vostra posizione. Molti di voi, quando iniziano l’inspirazione, smettono di sentire i piedi a terra, di premere gli ischi sulle coperte, così non possono mantenere l’estensione della colonna e vanno indietro con la schiena. Dovete mantenere il peso tra gli ischi e il centro delle cosce. Prima di iniziare l’espirazione, di nuovo la consapevolezza deve andare alle costole fluttuanti.  Mantenere la pelle del collo rilassata, la gola rilassata, la radice della lingua rivolta verso il basso. Se il respiro coinvolge il cervello, non è pranayama. Nel pranayama, non è il cervello che fa l’azione, ma sono i polmoni. Quindi il cervello è l’oggetto, viene osservato, e non fa nulla.

Savasana. L’obbiettivo è quello di andare oltre i cinque elementi, trovare lo spazio di atman, lo spazio sconosciuto per la mente citta. Quando la consapevolezza ha toccato i cinque elementi, può andare oltre, nello spazio vuoto. Se rimanete a lungo, sentirete una leggera tensione nel diaframma e una qualità di consapevolezza diversa.

(questi appunti sono dedotti dalla lezione sul pranayama tenuta da Guruji il 1 dicembre 1993, nell’ambito delle cerimonie per festeggiare il suo 75esimo compleanno. Grazie a Daniela Rialdi che mi ha donato il DVD)

 

Mantenere il cervello passivo nel pranayama e in savasana

(puntata precedente) La radice del naso è un punto da osservare con cura durante il pranayama.  Anche i lati del naso, verso le guance, sono punti chiave, perché rivelano se il cervello è completamente passivo. Nel momento in cui globi oculari, radice del naso e guance tendono a salire, questo significa che il cervello non è passivo.  Osservate la punta superiore dello sterno, questo è il “cervello” nel pranayama.  Non create rigidità in questo punto.

Quando si porta la testa giù, l’arroganza si posiziona nella parte alta delle scapole.  Occorre connettere la parte alta della schiena con la parte bassa della schiena che muove verso il pavimento.  Sentite gli ischi, per aggiustare gli ischi muovete il cingolo pelvico, non il torace.  Lo spazio tra il perineo e i muscoli dei glutei deve essere uguale. Muovete il perineo in avanti.  Provare, ujjyai per 5 minuti in questo modo. Chiudete gli occhi, testa giù. Gli occhi vanno verso gli zigomi. Quando inspirate, non muovete gli occhi, non muovete la pelle. La parte superiore dello sterno non sale, si apre orizzontalmente. Quando espirate invece, dovete alzare più in alto i due lati dello sterno. Nell’espirazione, dalla periferia occorre raggiungere l’etere.  Gli occhi rientrano più profondamente.

Nel prossimo ciclo osservare il rapporto tra lo sterno e il perineo durante l’inspirazione. Alla fine dell’inspirazione, le clavicole si aprono come in sirsasana e durante l’espirazione il lato superiore delle clavicole resta alto e connesso con la colonna.  Lo spazio sotto le clavicole non si deve afflosciare, chiudere. L’intelligenza deve raggiungere lo spazio interno. Per ottenere questo, durante l’espirazione, l’osso pubico non deve inclinarsi verso il basso.

Nel prossimo ciclo, inspirando osservare la punta superiore dello sterno, si deve muovere come in ustrasana.  Dalla colonna cervicale è come se si muovesse un ago che solleva la punta superiore dello sterno. Quindi non lasciate che la colonna cervicale diventi egoista, arrogante. Nell’espirazione, il suono scompare lasciando il silenzio dello spazio interno.

Nel prossimo ciclo, osservate la vibrazione che è la caratteristica dell’etere. Quindi  inspirando sentite l’aria, l’acqua e lentamente proseguite fino a quando raggiungete la terra.  Non bloccate l’interno dell’orecchio nell’inspirazione: se questo avviene, significa che il cervello è rigido. Mantenere l’interno dell’orecchio più sottile possibile. Quando espirate, osservate attentamente i lati esterni del diaframma, devono andare verso il centro e raggiungere l’etere senza che la sagoma del corpo si afflosci o si modifichi. La parte alta del torace, nell’espirazione, fa tadasana.  Non lasciate che prevalga la prepotenza della parte posteriore, delle spalle. Il dietro va aggiustato dalle clavicole che restano parallele.

Se riuscite a mantenere la stabilità delle radici, potete migliorare; altrimenti, il vostro corpo si inclina all’indietro e nemmeno vi accorgete.  Mantenete la connessione tra il coccige e i due lati del torace.  La pesantezza si può sentire nella parte alta del torace, sia che siate seduti diritti che no. Muovete alll’interno la colonna cervicale e toracica e sollevate i due lati del torace.  La colonna cervicale va verso le clavicole e ammorbidisce la pelle, la massaggia.

Mantenete la radice della lingua all’interno, senza disturbare la gola, per mantenere la purezza del respiro. Dal prossimo ciclo, durante l’inspirazione, osservare la pelle dell’ascella, non deve essere costretta.  La pelle del lato interno delle braccia deve continuare a ruotare in avanti, non deve scendere. Quando eseguite il pranayama, anche gli occhi si muovono verso i polmoni, l’occhio destro e l’occhio sinistro vanno ad osservare il polmone destro e sinistro. In particolare, quando si espira, l’osservazione è più evidente. Equilibrare. Come ha detto Prashant, il sentire è equanime. Non c’è indirizzo.

Ora rialzate la testa. Come sentite le tempie? Sono pesanti, o non si avvertono? Se sono pesanti c’è ancora qualcosa di sbagliato. Come sentite la gola? Il lato sinistro, il lato destro della gola? Se li sentite diversi, la testa non era perfettamente dritta. Dovete andare dal generale al particolare e chiedervi perché c’è libertà in un punto e non nell’altro.

Savasana. Imparare questo modo di osservare è la cosa più difficile, occorre essere maestri e allievi allo stesso tempo.  Bisogna sincronizzare ciò che state facendo e ciò che state imparando. Rilassate gli occhi, gli inguini, in modo che il respiro segua gli occhi. Portate i muscoli dei due lati della schiena paralleli. I lati esterni dell’osso sacro devono toccare terra, così tutta la colonna si rilassa. Anche in savasana, la colonna toracica deve muovere in dentro, tutta la pelle della schiena parallela al pavimento.  Osservare le scapole, come dicevo prima, questa è la parte prepotente, la pelle delle scapole non deve andare verso il collo, ma allargarsi parallela al pavimento. Osservare la pelle delle ascelle, piegate i gomiti, allungate la pelle dell’ascella verso i gomiti, poi stendete le braccia di nuovo. Ora portare l’attenzione sul respiro, semplici inspirazioni e espirazioni e verificare se c’è libertà nei due lati del torace. Ruotare la parte esterna delle braccia verso il basso, e quindi il lato interno dei polsi verso l’alto. Ora inspirare, osservare i pollici e i polsi, devono rimanere passivi e rilassati. Dovete esplorare tutte le possibilità per eseguire l’azione corretta. Osservare di nuovo gli occhi, sono vicino alle guance o al cervello? Se gli occhi salgono verso il cervello, non state facendo savasana per niente. Se gli occhi sono davvero passivi, scendono verso gli zigomi, il cervello è passivo ed è savasana.

 

Costruire la posizione per il Pranayama

(puntata precedente)

Nella posizione seduta per il pranayama, come negli asana, occorre costruire la base. Nel momento in cui la stabilità è disturbata, anche i cinque elementi sono disturbati. Posizione seduta, schiena diritta. Quando iniziate l’inspirazione, non dovete spingere il torace in avanti: questo è dimenticare tutti e cinque gli elementi e le relazioni tra loro ed  usare solo il fuoco. Se osservate il dietro del corpo, durante l’inspirazione non si deve notare alcun disturbo. L’osso sacro spinge sulla terra, questa è la base, tadasana. Quando si esegue “tadasana” in posizione seduta, dal contatto con la terra si deve mantenere l’estensione dei lati del torace. La pelle non deve andare verso il muscolo, altrimenti la respirazione è costretta.

Osservate la posizione: come in tadasana, occorre andare indietro, verso il tallone dell’osso sacro. La parte anteriore dell’osso sacro è la pianta del piede, la parte posteriore è il tallone. Asana significa “mettersi in posizione”, quindi fate questo. Non dovete sentire il peso che scivola in avanti e nemmeno che si affloscia indietro. Immaginate di avere uno specchio davanti e uno dietro e di poterli osservare entrambi. Il davanti del torace  deve essere esattamente parallelo al muro di fronte. Dovete “riposizionare” continuamente la posizione, l’asana. Durante il pranayama, ogni spostamento cambia l’equilibrio tra l’energia del corpo e quella del respiro.

Sono un principiante e voglio imparare il pranayama, come si fa? Richiede tempo. Quando si inspira occorre vedere dove sono le costole fluttuanti e come si muovono, non devono assolutamente andare verso l’alto o in avanti.  Così osservate anche quale lato ha più forza. Occorre accompagnare l’energia del respiro senza prevalere, allargare la pelle per fare spazio. Quando si inspira, il respiro percorre direttamente il canale centrale fino al fondo dei polmoni, dove si divide in due bracci. Allargando il torace in questo punto, si lavora con l’elemento etere e con l’elemento aria.  Nel momento in cui il respiro comincia a salire, questo è l’elemento fuoco.

I due lati del torace continuano a fare “tadasana” e rimanere stabili ma morbidi in modo che si crei lo spazio per l’elemento etere, dal centro verso i lati. Se non si trova spazio attraverso l’elemento etere, gli altri elementi non servono. Quindi bisogna saper scoprire l’etere, lo spazio interno, e il modo con cui il respiro va dentro. Quando si espira, gradualmente il contatto con i lati del torace diventa più leggero e si va con l’attenzione al canale centrale.

Tadasana in piedi. Peso sui talloni. Sentire i lati esterni dell’osso pubico, la lunghezza, l’estensione. Non ci deve essere compressione, devono essere allineati. Ora sedete. Cosa succede all’osso pubico? E’ più corto. L’elemento dello spazio è compresso. Bisogna dunque creare spazio. Come si fa? Con la parte posteriore del bacino. Non ho detto di andare indietro. Rimanere seduti. Se l’energia muove dalle ginocchia verso il bacino non è necessario andare indietro. Quindi premete a terra la zona posteriore del bacino, il sacro coccige, tenendola perpendicolare a terra. Cosa succede alla parte superiore del torace? Si è creato spazio, anche le costole sono ora parallele, come il davanti e il dietro del bacino. Cosa succede alla schiena? Occorre creare due lune piene ai lati del torace, all’altezza delle costole fluttuanti, proprio all’estremità dei lati. Sentite esattamente questi punti. Quando inspirate, dovete sentire il respiro dal basso e dietro dei muscoli intercostali, di lì inizia l’espansione e l’ascensione del respiro. Non dovete seguire troppo alla lettera la scienza dell’anatomia e i suoi schemi. Secondo questa, contraendo il bicipite, si estende il tricipite: invece io li estendo entrambi….Ed è questo che dovete fare con i muscoli del tronco nel pranayama (ride…)

Quando inspirate, sentite la punta del coccige, è come un pendolo, un magnete, deve rimanere rivolto verso il basso. Aprite i due lati della parte bassa del torace (le due lune piene) e sentite il lato esterno del coccige che rimane giù, mentre il lato interno è mobile. La mobilità nel pranayama è nell’interno della colonna, l’esterno rimane stabile. Testa giù. La vostra attenzione deve essere completamente connessa con lo spazio alla base del torace. Sentite il davanti e il dietro del torace, le costole parallele. Occhi chiusi. Rendete gli occhi passivi, il cervello passivo. Le palpebre devono massaggiare i globi oculari per renderli tranquilli e farli andare indietro. La radice del naso giù. Mantenete gli occhi in uno stato pacifico durante l’inspirazione. La pelle deve essere rilassata. Quando inspirate, sentite la pelle alla radice del naso e verso la punta. Alla radice del naso la pelle diventa rigida, invece deve rimanere morbida e, inspirando, muoversi leggermente verso le tempie.  I lati del naso, la pelle delle guance, si deve dilatare. Il passaggio della respirazione ujjyai è tra i lati del naso e le guance. Provate, sentite. Nel momento in cui il capo è quieto, si attiva il cervello del pranayama, lo sterno.

Quando si porta la testa giù e si inizia il pranayama, c’è una parte che è arrogante, ed è lo spazio della schiena tra le scapole.  Occorre mettere in connessione quest’area con il sacro che resta rivolto a terra.  Non sedete mai in diagonale per il pranayama rispetto alle pareti della stanza. Lo spazio tra l’osso pubico e gli ischi deve avere al centro il perineo. Testa giù, muovendo soltanto le cervicali,  gli occhi si rilassano e scendono verso gli zigomi. Inspirate. Aprite la pelle dello sterno i due lati dello sterno si aprono orizzontalmente, come in tadasana. Quando espirate, lo sterno rimane su, in modo da farvi raggiungere l’etere, lo spazio nell’espirazione.

Questa è la base del pranayama. Senza base non si può progredire (continua)

(questi appunti sono dedotti dalla lezione sul pranayama tenuta da Guruji il 29 novembre 1993, nell’ambito delle cerimonie per festeggiare il suo 75esimo compleanno. Grazie a Daniela Rialdi che mi ha donato il DVD)

Il Pranayama e i cinque elementi

Ogni aspetto dello yoga, yama, nyama, asana, pranayama, pratihara, dhrana, dhyana, samadhi coopera per la nostra interiore evoluzione.

Asana significa posizione e ri-posizione, ovvero riflessione nell’azione, quando c’è riflessione, c’è una reazione. Per questo sono chiamati “asana”.

Quanto al pranayama, pensate alla bellezza di questa parola composta, “esercizio del respiro” è il significato letterale. Ayama significa estensione del respiro,  che alla fine vuol dire esercizio. Non bisogna accontentarsi del primo significato che ci dà il dizionario. Ogni parola ha più significati e occorre cercare quella che si adatta di più all’argomento di cui si sta parlando. Alcuni pensano che gli asana abbiano a che fare con il corpo fisico, mentre il pranayama  abbia  a che fare con qualcosa di spirituale, ma Patanjali usa il termine “esercizio”. Gli asana non sono “esercizio”, sono un “posizionarsi”.

Quando Patanjali usa questo termine “pranayama” cioè esercizio, pratica del “prana”, del respiro, intende dire che con il pranayama si sviluppa la capacità di utilizzare il respiro, esattamente quando e quanto serve. Per vostra informazione quindi, secondo Patanjali, “pranayama” significa “esercitare il respiro”, mentre per gli asana non ha utilizzato la stessa parola di “esercizio”, allora dobbiamo capire perché.

Ho parlato in precedenza dei cinque elementi. Il pranayama è anche regolazione della vostra intelligenza. Quando voi camminate, seguite un percorso lineare e non perdete l’equilibrio. Nel pranayama,  seguite i percorsi interni del respiro,   dovete osservare con la vostra intelligenza quali strade state percorrendo. Inspirando, dovete osservare quali delle strade interne state percorrendo e quali no, espirando lo stesso.  Questa è la regolazione del respiro, non seguire meccanicamente delle istruzioni. In questo sta  la differenza tra un praticante esperto e un principiante. Il praticante sa portare il respiro, attraverso le strade interne, fino alla destinazione. Quando si inspira si percorrono certe strade e quando si espira si percorrono esattamente le stesse, nella direzione contraria. Così potete capire quanta attenzione è necessaria per ogni inspirazione e ogni espirazione. E’ molto facile perdersi.

Prima dell’inspirazione, si espira. Perché si espira? Per raggiungere l’etere  interno, che è vuoto. Quindi nell’espirazione raggiungete lo spazio interno,  l’elemento etere. L’etere non ha confini: e questo significa che la vostra intelligenza si mette in comunicazione con l’elemento aria, che è più grossolana dello spazio puro, l’etere. L’elemento fuoco è più grossolano dell’aria, e l’acqua e la terra seguono nel processo. Quando espirate, assaggiate l’etere, che è completamente “sottile”, non si può afferrare (nemmeno con i sensi o con l’intelligenza).

Nel momento in cui iniziate ad inspirare, per un breve istante, non entrate in contatto con il vostro corpo, ma con questo vuoto. Questo è quello che insegno, ma voi dovete osservare.  Dal non essere in contatto, entrate in contatto: non siete voi che entrate in contatto, ma il secondo elemento, l’aria. Dal non toccare sperimentate il toccare. Da questo tocco nasce una piccola  forza, che è l’elemento fuoco. Dal fuoco, sentite l’umidità, nei polmoni, nel torace e poi la materia stessa che è terra. Quindi inspirando ed espirando dovete osservare e distinguere i cinque elementi, come emergono nell’inspirazione e come si ritirano nella espirazione.  Questo è pranayama, controllare i cinque elementi nella respirazione e questo si chiama “ayama”.

Quando raggiungete la fine dell’inspirazione, la terra è pesante, la sentite. Non dovete disturbarla, significa che siete arrivati alla fine dell’inspirazione. Quando espirate, espirate dall’elemento terra, all’elemento acqua –sentite il secco e l’umido- poi arrivate al fuoco, che sfuma nell’aria e nell’etere. Quindi nell’inspirazione andate dall’elemento più sottile al più grossolano e nella espirazione dal grossolano al sottile.

Questo è il motivo per cui l’ho chiamato bakti marga, devozione. Potete avvertire questi cinque elementi nell’inspirazione e espirazione soltanto quando la vostra mente è in uno stato di completo silenzio durante l’osservazione. Questo silenzio è segno che c’è qualcosa oltre i cinque elementi. Che cos’è? All’inizio dell’inspirazione, è la consapevolezza universale del respiro; alla fine, la consapevolezza individuale del respiro. Il mio torace è completamente “pieno”.

Nell’espirazione, tornate indietro, attraverso i cinque elementi,  dalla consapevolezza individuale alla consapevolezza universale. Quando raggiungete questa consapevolezza, tutti gli elementi sono silenziosi. Soltanto questo breve momento è l’immagine del divino. Nel kumbaka, è possibile, pur nell’ individualità, mantenere quel senso divino. La consapevolezza individuale si trasforma in consapevolezza universale. Non arriva subito. Bisogna praticare. Ma prima occorre osservare, come nell’inspirazione e espirazione si attraversino i cinque elementi, che sono tutti presenti nei percorsi interni del corpo.

Questo è quello che dovete fare per comprendere il pranayama (continua)

(questi appunti sono dedotti dalla lezione sul pranayama tenuta da Guruji il 29 novembre 1993, nell’ambito delle cerimonie per festeggiare il suo 75esimo compleanno. Grazie a Daniela Rialdi che mi ha donato il DVD)

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