Il Pratyahara è il quinto stadio dello yoga: segue Asana e Pranayama e precede Dharana, Dhyana e Samadhi. Secondo BKS Iyengar, Asana, Pranayama e Pratyahara costituiscono “Il cammino della conoscenza”. Guruji ha citato molto spesso il ruolo fondamentale del Pratyahara nella pratica yoga e l’ha definito “controllo ed emancipazione della mente dal dominio dei sensi e degli oggetti esteriori”, ricordando la famosa leggenda dell’uomo sul carro, che risale addirittura alle Kathopanishad e si adatta perfettamente a spiegare l’importanza del pratyahara: “Riconosci l’Atman come il Signore in un carro, la ragione come l’auriga e la mente come le redini. I sensi sono i cavalli e gli oggetti del desiderio sono i pascoli….”. Per realizzare questo, occorre capire come funziona quello che noi chiamiamo “mente”. Secondo la filosofia yoga, la mente, citta, è costituita da manas, buddhi, ahamkara. In questo caso è il primo “livello” della mente che lavora e si stabilizza, rimanendo concentrata e stabile. Manas, intesa in questo modo, è quasi un organo di senso anch’essa: è la parte della mente che ascolta i richiami del mondo esterno, che li accumula formando impronte (samskara) nel cervello, generando una serie infinita di cause-effetto. Pensate come il nostro mondo induca ad una sempre maggiore possibilità di distrazione per la mente: internet, televisione, smartphone, whatsapp, social media, tutto questo ci fa stare continuamente all’erta, mai veramente concentrati su una cosa sola. Non possiamo certo fermare “il progresso” ma è necessario capire come funziona la mente e perché l’obbiettivo dello yoga è quello di fermare le fluttuazioni.
YS, II.54 svaviṣayāsamprayoge cittasya svarūpānukāra ivendriyāṇāṁ pratyāhāraḥ
Pratyahara, il ritirarsi dagli oggetti dei sensi, avviene quando i sensi non entrano in contatto con i rispettivi oggetti. Corrisponde cioè alla pura natura della mente senza le impressioni sensoriali.
Sabato 3 marzo in Via Guastalla 5, Torino, abbiamo praticato una sequenza di asana e pranayama volta a comprendere il significato di questo “ramo” dello yoga, indispensabile al cammino verso le fasi più avanzate. Più è profonda la concentrazione nella pratica di Asana e Pranayama, più si comprende il significato del Pratyahara; alcuni asana e tecniche di pranayama sono particolarmente adatte allo studio di questo stadio dello yoga.
Supta Padangusthasana. Sappiamo tutti che la traduzione letterale è “posizione distesa tenendo l’alluce”. Normalmente si insegna con la cintura. In questo caso afferrate l’alluce con indice e medio, spingendo l’alluce contro le due dita, senza piegare le falangi e mantenendo questa azione stirare la gamba a 90°. Se l’esecuzione con la cintura aiuta l’allineamento, afferrare l’alluce consente alla mente di mantenere i sensi sotto controllo. Rilassare lo sguardo al centro del torace, rilassare le tempie. Il corpo diventa silenzioso.
Adho mukha svanasana
Padangustasana
Adho mukha svanasana
Padangustasana
Vrchasana. Le posizioni di equilibrio richiedono la concentrazione. Impossibile mantenere l’equilibrio se lo sguardo vaga, se la mente non è focalizzata. In questo caso, si tratta di un momento breve, ma di notevole qualità ed intensità. La mente deve controllare gli organi di percezione, altrimenti l’equilibrio non è possibile. Questo è il modo più accessibile, nella pratica degli asana, di tenere i sensi sotto controllo.
Garudasana.
Vrchasana
Garudasana
Sirsasana. il Pratyahara, diceva Iyengar, è uno stadio in cui la mente si stabilizza. Sirsasana è la posizione in cui per eccellenza la mente si riposa e diventa stabile, controllando completamente il corpo.
padangustha paschimottanasana
ubhaya padangusthasana
gomukhasana
akarna dhanurasana. Nel momento in cui l’arciere sta per scoccare la freccia dal suo arco, non può certo distrarsi. In questa posizione, oltre alla presa dell’alluce, la concentrazione è aiutata dal portare il piede in direzione dell’orecchio (aKarna)
ustrasana
dhanurasana
urdhva dhanurasana
setubanda sarvangasana
Ujjyay pranayama. Iyengar dice che il pratyahara è “nascosto” all’interno dell’esercizio del respiro. Se il respiro è tranquillo e controllato, anche la mente è controllata. Il momento del controllo totale avviene durante la ritenzione del respiro. Questo va preparato con viloma pranayama.
Brahmari Pranayama. La pratica per comprendere Pratyahara deve ricordare questo tipo di pranayama e Sanmukhi Mudra. Brahmari significa calabrone perché durante l’espirazione si produce un suono sordo, simile al ronzio di un insetto. Questa pratica è molto antica e ricordata nell’Hatha Yoga Pradipika. Guruji dice che il momento migliore per eseguire questo pranayama è nel cuore della notte perché nel silenzio e nell’oscurità totale la concentrazione su questo suono “interno” può essere più profonda. Nelle fasi più avanzate, si abbina Sanmukhi Mudra: le dita delle mani servono per chiudere gli organi di senso, i gomiti sono aperti ai due lati delle spalle e piegati, le dita disposte in questo modo: i pollici chiudono le orecchie, direttamente posati sui fori oppure spingendo gentilmente verso i fori la cartilagine; gli indici e i medi sono sopra le palpebre, in modo da distendere gentilmente la pelle delle palpebre; gli anulari ai lati del setto nasale, restringendo i passaggi nasali; i mignoli sul labbro superiore, percepiscono il fluire del respiro. Si tratta di un pranayama avanzato, da praticare per pochi minuti: è interessante perché permette di sentire che cosa gli antichi yogi intendessero con pratyahara.
seminario intenso e molto interessante
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