Asana/Dharana. Concentrare l’attenzione

Sabato 24 marzo, in Via Guastalla, dalle 9 alle 12, abbiamo praticato una sequenza di asana e pranayama allo scopo di comprendere dhāraṇā, il sesto “stadio” dello Yoga, la concentrazione

Simbolo di dhāraṇā, la dea Durga,  una madre divina combattente. Mentre l’auriga doveva faticare per mantenere i cavalli del carro (=organi di senso) sulla retta via, e questa è la pratica del pratyahara, Durga cavalca tranquillissimi leoni e tigri addomesticati, mostrando, con eleganti gesti delle molte braccia, i simboli della concentrazione. Dhāraṇā è infatti un “anga” dello yoga di livello superiore e presuppone l’aver già raggiunto una forma di indifferenza verso le cose del mondo. 

Durga-Kavach

Alla concentrazione, dhāraṇā, Patanjali dedica un solo sutra, il primo del vibhūti-pādaḥ  e dicendo che “la concentrazione è il fissare l’attenzione su un punto”. Patanjali non dice “dove” va fissata l’attenzione, ma i commentatori propongono sia oggetti “interni” al corpo, come i famosi chakra, oppure la punta del naso, lo spazio tra le sopracciglia ecc. , che oggetti “esterni”, forme divine, una fiamma, un suono ecc.

Iyengar sostiene che l’attenzione di chi  pratica gli asana è dhāraṇā, da più punti di vista: può essere la concentrazione intensa “degli organi d’azione e i sensi di percezione verso la mente e la mente verso il centro” ma anche “l’arte di ridurre le interruzioni della mente, in modo da eliminarle completamente”. La facoltà della mente che deve intervenire è buddhi, la discriminazione costante, infinitesimale.

Per esercitare dhāraṇā nel corso della pratica degli asana occorre cambiare punto di vista. Fissare l’attenzione è difficile per chiunque, e mantenerla ancora più difficile. Occorre rendere l’esecuzione degli asana “puntiforme”. Non si tratta di “eseguire” posizioni e tanto meno di “praticare” una sequenza. Bisogna  seguire e indirizzare con grande meticolosità, attimo per attimo, il movimento che il corpo/mente esegue, identificando le azioni che si stanno eseguendo; in altri termini, “fissare” l’attenzione e comprendere come la mente indirizza il corpo per entrare, rimanere ed uscire dalla posizione.

IMG_5078Quando pratichiamo un asana, per esempio ardha chandrasana, l’attenzione normalmente si muove velocemente su differenti punti del corpo mentre eseguiamo i diversi passaggi che ci portano alla posizione finale. Con la concentrazione, oltre a questo,  possiamo scegliere infiniti passaggi intermedi  in cui fissare l’attenzione. In ogni passaggio occorre eseguire una breve pausa, fissare l’attenzione ed identificare le azioni che il corpo sta facendo/deve/dovrebbe fare. Ad esempio, utthita trikonasana/utthita parsvakonasana/avvicinare la gamba dietro mantenendo l’allineamento della gamba davanti/alzare la gamba dietro con la gamba sotto piegata/stirare la gamba sotto/l’interno della coscia sale e la caviglia scende/portare l’esterno della coscia della gamba sotto indietro/ruotare il bacino verso l’alto/ruotare il torace verso l’alto/guardare il soffitto e ritornare seguendo gli stessi passaggi.

Per posizioni complesse, come parivrtta parsvakonasana, parivrtta ardha chandrasana è possibile individuare un numero ben maggiore di passaggi/momenti/luoghi/azioni.

Operare in questo modo è indispensabile per imparare asana più complicate e avanzate, o che richiedono l’utilizzo di azioni già sperimentate e praticate in asana più semplici.  Ad esempio, per imparare padmasana, è necessario aver appreso l’azione di rotazione della coscia verso l’esterno di Janu sirsasana.

img_20180323_162306.jpg

Questa la sequenza praticata:

Utthita parsvakonasana

ardha chandrasana

parivrtta trikonasana

parivrtta parsvakonasana

parivrtta ardha chandrasana

adho mukha svanasana

sirsasana

virasana

Janu sirsasana

ardha badda padma paschimottanasana

padmasana

marichasana 2

marichasana 3

sarvangasana

supta badda konasana

savasana

III.1 deśa-bandhaś cittasya-dhāraṇā

La concentrazione è fissare la mente in un luogo

III.52 kṣaṇa-tat-kramayoḥ saṁyamād viveka-jaṁ jñānaṁ

Praticando il samyama [l’insieme di dharana, dhyana e samadhi] nell’attimo, e nella successione degli attimi, si arriva alla conoscenza della discriminazione

Asana e Pratyahara: disciplinare la mente

Il Pratyahara è il quinto stadio dello yoga: segue Asana e Pranayama e precede Dharana, Dhyana e Samadhi. Secondo BKS Iyengar, Asana, Pranayama e Pratyahara costituiscono “Il cammino della conoscenza”. Guruji ha citato molto spesso il ruolo fondamentale del Pratyahara nella pratica yoga e l’ha definito “controllo ed emancipazione della mente dal dominio dei sensi e degli oggetti esteriori”, ricordando la famosa leggenda dell’uomo sul carro, che  risale addirittura alle Kathopanishad e si adatta perfettamente a spiegare l’importanza del pratyahara: “Riconosci l’Atman come il Signore in un carro, la ragione come l’auriga e la mente come le redini. I sensi sono i cavalli e gli oggetti del desiderio sono i pascoli….”. Per realizzare questo, occorre capire come funziona quello che noi chiamiamo “mente”. Secondo la filosofia yoga, la mente, citta, è costituita da manas, buddhi, ahamkara. In questo caso è il primo “livello” della mente che lavora e si stabilizza, rimanendo concentrata e stabile. Manas, intesa in questo modo, è quasi un organo di senso anch’essa: è la parte della mente che ascolta i richiami del mondo esterno, che li accumula formando impronte (samskara) nel cervello, generando una serie infinita di cause-effetto. Pensate come il nostro mondo induca ad una sempre maggiore possibilità di distrazione per la mente: internet, televisione, smartphone, whatsapp, social media, tutto questo ci fa stare continuamente all’erta, mai veramente  concentrati su una cosa sola. Non possiamo certo fermare “il progresso” ma è necessario capire come funziona la mente e perché l’obbiettivo dello yoga è quello di fermare le fluttuazioni.

 YS, II.54 svaviṣayāsamprayoge cittasya svarūpānukāra ivendriyāṇāṁ pratyāhāraḥ

Pratyahara,  il ritirarsi dagli oggetti dei sensi,  avviene quando i sensi non entrano in contatto con i rispettivi oggetti. Corrisponde cioè alla pura natura della mente senza le impressioni sensoriali.

 

Sabato 3 marzo in Via Guastalla 5, Torino, abbiamo praticato  una sequenza di asana e pranayama volta a comprendere il significato di questo “ramo” dello yoga, indispensabile al cammino verso le fasi più avanzate. Più è profonda la concentrazione nella pratica di Asana e Pranayama, più si comprende il significato del Pratyahara; alcuni asana e tecniche di pranayama sono particolarmente adatte allo studio di questo stadio dello yoga.

Supta Padangusthasana. Sappiamo tutti che la traduzione letterale  è “posizione distesa tenendo l’alluce”. Normalmente si insegna con la cintura. In questo caso afferrate l’alluce con indice e medio, spingendo l’alluce contro le due dita, senza piegare le falangi e mantenendo questa azione stirare la gamba a 90°. Se l’esecuzione con la cintura aiuta l’allineamento, afferrare l’alluce consente alla mente di mantenere i sensi sotto controllo. Rilassare lo sguardo al centro del torace, rilassare le tempie. Il corpo diventa silenzioso.

Adho mukha svanasana

Padangustasana

Adho mukha svanasana

Padangustasana

pratiharaVrchasana. Le posizioni di equilibrio richiedono la concentrazione. Impossibile mantenere l’equilibrio se lo sguardo vaga, se la mente non è focalizzata. In questo caso, si tratta di un momento breve, ma di notevole qualità ed intensità. La mente deve controllare gli organi di percezione, altrimenti l’equilibrio non è possibile. Questo è il modo più accessibile, nella pratica degli asana, di tenere i sensi sotto controllo.

Garudasana. 

Vrchasana

Garudasana

Sirsasana. il Pratyahara, diceva Iyengar, è uno stadio in cui la mente si stabilizza. Sirsasana è la posizione in cui per eccellenza la mente si riposa e diventa stabile, controllando completamente il corpo.

padangustha paschimottanasana

ubhaya padangusthasana

gomukhasana

akarna dhanurasana. Nel momento in cui l’arciere sta per scoccare la freccia dal suo arco, non può certo distrarsi. In questa posizione, oltre alla presa dell’alluce, la concentrazione è aiutata dal portare il piede in direzione dell’orecchio (aKarna)

ustrasana

dhanurasana

urdhva dhanurasana

setubanda sarvangasana

Ujjyay pranayama. Iyengar dice che il pratyahara è “nascosto” all’interno dell’esercizio del respiro. Se il respiro è tranquillo e controllato, anche la mente è controllata. Il momento del controllo totale avviene durante la ritenzione del respiro. Questo va preparato con viloma pranayama. 

IMG_20180307_110839_resized_20180307_020718138

Brahmari Pranayama.  La pratica per comprendere Pratyahara deve ricordare questo tipo di pranayama e Sanmukhi Mudra. Brahmari significa calabrone perché durante l’espirazione si produce un suono sordo, simile al ronzio di un insetto. Questa pratica è molto antica e ricordata nell’Hatha Yoga Pradipika. Guruji dice che il momento migliore per eseguire questo pranayama è nel cuore della notte perché nel silenzio e nell’oscurità totale la concentrazione su questo suono “interno” può essere più profonda. Nelle fasi più avanzate, si abbina Sanmukhi Mudra: le dita delle mani servono per chiudere gli organi di senso, i gomiti sono aperti ai due lati delle spalle e piegati, le dita disposte in questo modo: i pollici chiudono le orecchie, direttamente posati sui fori oppure spingendo gentilmente verso i fori la cartilagine; gli indici  e i medi sono sopra le palpebre, in modo da distendere gentilmente la pelle delle palpebre; gli anulari ai lati del setto nasale, restringendo i passaggi nasali; i mignoli sul labbro superiore, percepiscono il fluire del respiro. Si tratta di un pranayama avanzato, da praticare per pochi minuti: è interessante perché permette di sentire che cosa gli antichi yogi intendessero con pratyahara.

Sunitaji: Comprendere il luogo (deśa) e la direzione nelle posizioni capovolte

Questa è una lezione tenuta da Sunitaji il 16 gennaio 2016 presso il RIMYI.  Sunitaji ha scelto come tema l’orientarsi nello spazio mantenendo il proprio centro, soprattutto nelle posizioni capovolte. Molto originale la sequenza delle variazioni di sarvangasana! La curiosità per il termine desha mi ha indotto a cercare dove ricorre questa parola  negli Yoga Sutra, dove viene citata a proposito del pranayama e di dharana.

Deśa-bandhaś cittasya-dhāraṇā (YS, III, 1)

La concentrazione è il fermarsi della mente su un punto [o una zona all’interno del corpo o all’esterno del corpo]

Bāhya ābhyantara stambha vṛttiḩ deśa kāla sakhyābhi paridṛṣṭaḩ dīrgha sūkṣmaḩ (YS, II, 50)

Il pranayama ha tre movimenti: inspirazione, espirazione, ritenzione [del respiro]. Sono  regolati con precisione a seconda del luogo e durata.

Questa la sequenza insegnata da Sunitaji:

Adho mukha virasana

Uttanasana (tenere i gomiti). L’interno delle gambe sale, il tronco scende.

Adho mukha svanasana. Tibie indietro, cosce indietro. La parte superiore dello sterno deve andare verso le gambe.

Uttanasana, poi stirare le braccia e concavare la schiena.

Adho mukha vrchasana, ruotare le cosce in dentro, talloni verso il soffitto.

Uttanasana, piedi uniti, alluci uniti. Allargare le spalle. Cosce in dentro, aprire il retro delle gambe in modo che il davanti e il dietro delle gambe siano parallele.

Adho mukha svanasana. Sollevare i lati del tronco, sollevare il torace, soprattutto le costole fluttuanti. Muovere dalle ascelle alle gambe capire la distanza tra le ascelle e i piedi.

Prasarita padottanasana. Equilibrare il peso tra i lati esterni dei piedi.

Adho mukha vrchasana. Osservare le spalle. Ruotare le cosce in dentro e sollevare la parte posteriore della coscia. Allungare la parte interna delle braccia, le ascelle non devono diventare corte, dalle costole estendere le ascelle. La parte superiore delle scapole verso il torace.

Sirsasana. Gomiti sul margine del tappetino ripiegato, e poi non si devono più spostare. Sollevare ginocchia e spalle. Le dita delle mani devono essere estese orizzontalmente ma perpendicolari al pavimento. In posizione, sollevare l’interno delle braccia in su e in avanti. Aprire orizzontalmente le spalle, sollevare il tronco e ruotare le cosce in dentro.  La parte interna delle cosce indietro, la rotula guarda in avanti e allargare la pelle dal centro della rotula, questo apre l’interno del ginocchio. La parte interna delle caviglie parallela. Aprire la pianta dei piedi, la pelle del tallone indietro, la pelle della base delle dita in avanti per aprire il centro. Usare il muro per sentire queste azioni, il muro è il vostro guru. Parsva sirsasana a destra, la sinistra deve ruotare sulla destra. Cercare di capire cosa fa il lato destro, cosa fa il lato sinistro. Girare a sinistra, la destra deve ruotare sulla sinistra. Parsvaikapada Sirsasana: una gamba di lato, il tronco dritto.

Come fate a decidere quale è la vostra mano destra e mano sinistra? Prima di imparare a scrivere sapevate quale è la mano destra e quale la sinistra? Forse non ricordate, ma la risposta è no. Molti bambini usano indifferentemente la destra e la sinistra.

Utthita Trikonasana, verso destra. Occorre essere connessi per decidere quale è il lato destro e sinistro. Nessun dubbio vuol dire rimanere al centro. Ma noi abbiamo dubbi. Magari copiate l’insegnante, eseguite a destra, a sinistra, senza essere connessi con voi stessi.  L’insegnante esegue a specchio, ma se si sbaglia tutti gli allievi restano confusi. Restano confusi anche se si inizia con la sinistra invece che con la destra.  Occorre che il sé resti connesso con il corpo. Quando eseguite a destra, cosa fa il lato sinistro? Andare in trikonasana a destra. Cosa sta facendo il lato destro? Cosa sta facendo il lato sinistro? Deśa è lo spazio e voi dovete sapere che cosa accade. Quando eseguivate parsva sirsasana a destra, non potevate dimenticare il lato sinistro.  Se non capite nelle posizioni in piedi, impossibile capire nelle posizioni capovolte. Alcuni insegnanti dicono: andate a destra, ma ruotate il torace a sinistra.  In realtà occorre essere connessi con sé, dall’inizio alla fine della posizione. Non è la destra, non è la sinistra, è deśa. 

Utthita Parsvakonasana Dalla stabilità dei piedi occorre trovare lo spazio e dentro di sé il luogo. Libertà nell’aprire la pelle. Rimanere connessi, non c’è lato destro e sinistro. Ci sono persone che pensano al lato destro e sinistro ascoltando delle convenzioni, come l’uso della mano destra e sinistra. Non è il modo di rimanere connessi questo.

Paschimottanasana

Salamba Sarvangasana siete sicuri di dov’è il lato destro e sinistro? andare in chatuspadana per fissare bene le spalle. Ruotare le spalle e ruotare  le braccia verso l’esterno. Quando le spalle sono stabili andate in halasana. Palmi delle mani in su per continuare la rotazione delle braccia. Cintura appena sopra i gomiti. Ora premete i gomiti e ruotare ancora la parte alta delle braccia. Salite in sarvangasana. La parte alta delle braccia si deve fondare al pavimento. Parte dell’energia deve servire a premere le spalle e parte a salire in sarvangasana. I due lati del torace salgono e si estendono. Considerate il lato destro e sinistro, c’è differenza? Tenere i due lati delle creste iliache paralleli tra loro. Per capire lo spazio dovete capire le direzioni: destra e sinistra, basso, alto, parallelo, perpendicolare. La carne deve andare verso le ossa, lontano dalla pelle.  Questo si impara mettendo un mattone tra le gambe. Aprite il resto delle ginocchia, qui la carne va verso la pelle.

Ekapada saravangasana a destra. La gamba destra scende e va davanti all’occhio destro, ma le ossa del bacino restano parallele. Però deve essere contemporaneamente “ricevuta” dal corpo perché la gamba più scende, più entra profondamente nell’acetabolo. Quando si risale, dovete capire, cosa succede al tronco? Ripetere dall’altro lato.

Halasana, parsva halasana. Il tronco è in halasana, le gambe sono in parsva halasana. Le dita devono premere al suolo (dig!) e le cosce devono essere sollevate. Ora sollevate la gamba sinistra per riportarla in sarvangasana, parsvaikapada sarvangasana. Una gamba fa parsva halasana, una fa sarvangasana, il tronco è dritto.  Ritornare in parsva halasana e halasana. Ripetere dal lato opposto.

karnapidasana

ripetere: halasana, sarvangasana, halasana, parsva halasana, parsvaikapada sarvangasana, parsva halasana, halasana. Poi tutto dall’altro lato. Dovete mantenere il centro e capire come fare a mantenere le direzioni. Questa è la connessione tra le diverse parti del corpo.

Setubanda Sarvangasana. Rilassare le guance, gli occhi. Osservare il respiro, lunghe espirazioni.

Supta badda konasana

Un sito WordPress.com.

Su ↑