Molto della pratica di asana e pranayama è rivolto all’apertura del torace, a creare spazio dove avvengono i movimenti involontari alla base della vita, il respiro e il battito cardiaco. In termini “yogici”, non si tratta soltanto di un esercizio fisico, ma di uno spostare l’attenzione dal cervello al torace “il luogo centrale della nostra esistenza” come ha detto Prashant Iyengar. Il cuore non è soltanto un muscolo che pompa il sangue, ma il centro emozionale del nostro essere.
“Guarire il cuore: lo yoga potrebbe essere il pezzo mancante al puzzle della medicina moderna?” questo il titolo di un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Yoga and Physical Therapy.
I problemi cardiovascolari, una delle più comuni cause di mortalità, sono in gran parte dipendenti dagli stili di vita: la pratica di asana, pranayama e meditazione si è già dimostrata quindi utilissima per ridurre lo stress e combattere l’obesità, ma -come gli autori spiegano- c’è qualcosa di più importante da scoprire sui motivi per cui lo yoga può essere curativo per il cuore e il sistema circolatorio. Il sistema nervoso periferico agisce infatti sotto la soglia della nostra consapevolezza, eppure ha un ruolo importante nel controllare la pressione sanguigna, la digestione, la traspirazione ecc. Già da più di 50 anni si è riconosciuto che il sistema nervoso periferico può inoltre condizionare la salute delle fibre del muscolo cardiaco. Lo yoga funziona perché può far scendere in modo considerevole i marker dell’infiammazione cronica alla base della malattia.
Il sistema nervoso periferico si divide tra sistema simpatico e parasimpatico e i livelli di attività funzionano generalmente all’inverso: più lavora il sistema simpatico, meno quello parasimpatico e viceversa. La funzione dei sistemi è cruciale quando devono difendere l’organismo dai fattori di rischio. Negli anni la ricerca ha dimostrato che aritmie, variazioni di pressione cardiaca, propensione all’infarto sono direttamente imputabili, in un certo senso, a squilibri tra il sistema simpatico e parasimpatico. Il sistema parasimpatico tende ad abbassare la pressione e calmare il cuore, permettendo la ripresa dopo un episodio di stress.
Molte pratiche di yoga, come sappiamo, permettono il rilassamento del corpo e della mente, ma nello yoga c’è qualcosa di più di questo. E’ la pratica delle posizioni “restorative” alternate a quelle attive che produce il beneficio, non le posizioni “restorative” da sole. In altri termini: lo yoga funziona nel suo insieme di asana, pranayama e meditazione. La pratica dello yoga regolare per almeno due mesi può portare ad una regolarizzazione anche del 40% degli ormoni dello stress, cortisone e adrenalina; così come riduce gli episodi di fibrillazione anche del 50%.
Su queste premesse, ben illustrate da ampia bibliografia clinica, è stato condotto un esperimento presso l’Università del Kansas su 52 pazienti di età variabile tra i 18 e gli 80 anni, che hanno praticato un programma speciale di Iyengar Yoga sotto la guida di insegnanti certificati per tre mesi, due volte alla settimana. Le asana praticate: sukhasana, adhomukhavirasana, dandasana, janusirsasana, paschimottanasana, tadasana, uttanasana, setubandhasarvangasana, suptapadangusthasana, pavanamuktasana, savasana. Lo studio sperimentale ha dimostrato che, sebbene lo yoga non elimini del tutto la fibrillazione, riduce i sintomi di oltre il 50% dimostrando di poter essere una terapia complementare e alternativa molto efficace.
Fantastico! Grazie
"Mi piace""Mi piace"