di Zubin Zarthoshtimanesh
Il momento migliore per piantare un albero è stato 20 anni fa; il secondo migliore momento è adesso” (vecchio proverbio cinese)
“La pratica dello yoga serve a rimuovere le erbacce dal corpo e dalla mente, in modo che il giardino
possa prosperare” (B.K.S. Iyengar)
Il mio Guru B.K.S. Iyengar, cui fu conferito il primo premio Padma Vibhushan per il suo contributo nel campo dello Yoga, si è spento il 20 Agosto 2014, ma il suo spirito è sicuramente qui con noi per
vedere il mondo cogliere questa antica arte, scienza, cultura e filosofia.
Ma quale dovrebbe essere la vera celebrazione di una Giornata Internazionale dello Yoga? Per capirlo
dobbiamo sapere che la parola viene dall’antica radice sanscrita yuj che significa unire, legare,
congiungere. Quindi, lo Yoga intende unire l’individuo e l’universo. E’ uno strumento per renderci più ricettivi ed estendere le nostre potenzialità. In che cosa consiste lo strumento dello Yoga? Soltanto quello con cui siamo nati, il corpo, la mente e il respiro. Attraverso le diverse tecniche di asana e pranayama, noi entriamo in contatto con queste tre dimensioni dentro di noi per incrementare il nostro essere e vivere pienamente.
Lo Yoga si è giovato nei millenni di una serie ininterrotta di “veggenti” che si sono dedicati a scoprire i secreti del mistico sé interiore. Il sapiente Patanjali ha raccolto la saggezza del suo tempo nell’opera nota come gli Yoga Sutra (composto circa tra il 200 a.C. e il 200 d.C.). In questi 196 sutra, Patanjali riassume l’esperienza di molti maestri e dichiara che il cammino dello Yoga è composto da otto parti.
Secondo le sue parole, “lo yoga ha otto rami –asta-anga, o astanga-“. Essi sono: Yama e Niyama -le
cose da non fare e da fare; Asana-posizioni, o ricerca fisica e fisiologica; Pranayama-ricerca sul respiro o prana; Pratyahara-volgere i sensi all’interno; Dharana-concentrazione; Dhyana-meditazione; Samadhi-estasi o realizzazione.
Generalmente si pensa a questi rami come a pratiche separate, ma essi costituiscono un insieme
integrato. Prendiamo il Pranayama; gli Yoga Sutra di Patanjali affermano che soltanto dopo che si è raggiunta una certa padronanza nelle asana, si può iniziare a praticare Pranayama. Proprio come nel corpo esistono zone erogene, esistono anche zone “praniche” o zone del respiro, come la zona del
diaframma o la zona addominale.
Almeno in questa giornata, bisognerebbe domandarsi se non sia assurdo il desiderio di avere
addominali scolpiti a tartaruga quando la saggezza dello yoga dimostra in modo chiaro la necessità di espandere la zona dell’addome e del diaframma. Questo è il luogo del respiro; voi respirate
profondamente non soltanto per il lavoro dei vostri polmoni, ma soprattutto per la massima azione e espansione della cavità addominale. Dei i tre bandha (alla lettera, chiusure, ma in pratica, azioni che canalizzano), uddiyana bandha, il controllo della zona addominale, è vitale.
Se volete pensare razionalmente alla vostra pratica di posizioni yoga, mentre eseguite la posizione sulla testa, o le posizioni sedute o le torsioni, visualizzate il corpo come contenitore e la mente, i
sensi, il respiro e la consapevolezza come contenuto. Dovete anche usare il contenitore per dare
forma al contenuto. Così le posizioni non lavorano soltanto sul corpo, ma su tutto l’essere (e contenuto)Divenite così realizzati, consapevoli, uniti nel corpo, mente e respiro per divenire esseri capaci di ricezione.
I praticanti (sadhaka), gli studenti dovrebbero usare questa immagine piuttosto per pensare di associare lo Yoga con un gruppo o un credo.
COME CAPIRE LO YOGA ATTRAVERSO GLI ASANA
Vediamo ora di comprendere alcuni principi dello yoga attraverso tre dei più rappresentativi asana o posizioni.
1. Adho-mukha-svanasana o la posizione del cane con la testa in giù
Alcuni fanno gli spiritosi al nome di questa posizione chiedendosi perché diventare cani quando siamo esseri umani. E questi sono della stessa razza di quelli che non fanno altro che lasciarsi andare alla
pigrizia. Bene, la risposta semplice, ma filosofica, è che stirarsi come un cane vi farà sentire più simili all’ essere umano che all’animale entro di voi. Come hanno osservato i nostri maestri, questa posizione trae ispirazione dallo stirarsi del cane sì, ma i suoi effetti si sentono nel riequilibrio delle vostre energie interne. Molto spesso, nell’uomo, la testa (cioè la mente) è attiva mentre le estremità sono inattive; di qui la sensazione di ansietà, lo stress, l’invecchiamento precoce. In questa posizione, la testa
viene tenuta tranquilla mentre le estremità sono attive. Inoltre, per andare in posizione, la colonna è
tenuta parallela a terra, in senso contrario alla forza di gravità. In questo modo, avviene una sorta di riequilibrio interno, che ci porta ad una relazione armoniosa con la madre terra.
2. Sirsasana o l’equilibrio sulla testa
Stare sulla testa significa effettivamente cambiare le fondamenta e l’orientamento delle energie interne. Normalmente, un essere umano funzionerà soltanto in tre posizioni per tutta la durata
della sua vita: in piedi, seduto, sdraiato. Rimanere in questa posizione per 10 o 15 minuti rispettando i cicli della respirazione significa elaborare un nuovo linguaggio interno che esalta le vostre potenzialità. A volte le persone cambiano casa o paese per iniziare una nuova vita. Lo yogi ha a disposizione questo mezzo potente per risistemare e rigenerare la vita dall’interno.
3. Shavasana o la posizione del cadavere
Anche se questa posizione sembra facile in quanto si identifica con un semplice stare sdraiati ed
assomigliare ad un cadavere, non è un preludio ad un sonnellino. I rishi e gli yogi studiarono il sonno e questa formula speciale di sonno “consapevole”, cioè shavasana. Qui, si insegna al praticante come sviluppare questa condizione con il respiro. Normalmente è la mente che guida. In shavasana, viene richiesto alla mente di essere semplice testimone, mentre il respiro subentra. In questo modo, la mente e il corpo si trovano sotto l’influenza/condizionamento del respiro, ed è questa una delle più belle cose che vi possono capitare. Per un momento, riflettete sull’unicità del vostro respiro, che è sempre fresco ed è nuovo in ogni momento. A differenza del corpo e della mente, non si trascina fardelli, non ha storia, genere, classe, casta, credo, status o esperienza. Il respiro è una forza unica (è nostro, ma non lo possiamo trattenere, va e viene) che ci aiuterà a trascendere l’individualità spicciola e a realizzare la natura essenziale della vita.
Il mio umile consiglio in questa Giornata dello Yoga è di portare gli studenti a non fare
soltanto dei profondi respiri, ma a diventare il respiro…questo vi renderà più disponibili
ad accettare gli incredibili doni dell’universo.
(L’autore è insegnante di Iyengar Yoga e praticante)
Ringrazio Zubin Zarthoshtimanesh per avermi autorizzata a tradurre in italiano e pubblicare la versione integrale del suo articolo scritto per Times of india.
Zubin ha studiato con B.K.S. Iyengar sin da quando era ragazzo. Ora, conduce seminari e convention di Iyengar Yoga intorno al mondo
bellissimo!
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